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Sereni non siamo

 25 Ottobre, superando.it, Franco Bomprezzi

«Caro Renzi, c’è solo una cosa da fare. Tra un tweet e l’altro, durante la Leopolda o subito dopo, manda un segnale forte: “Mi sono sbagliato, sulla disabilità non si taglia #statesereni”. Che comunque, a dirla tutta, sereni non stiamo di sicuro»

Leggo ancora una volta il solito copione e mi rattristo. Nella bozza della Legge di Stabilità si prevede il taglio di 100 milioni di euro al Fondo Nazionale per le Non Autosufficienze (da 350 a 250 milioni) e il congelamento del Fondo delle Politiche Sociali.
Le Associazioni, unite come non sempre avviene, non ci stanno e chiedono un incontro urgente. Vorrebbero Renzi presente, si trovano davanti due Sottosegretari, animati dalle migliori intenzioni, ma evidentemente non in grado di decidere un accidente. E si torna a parlare di mobilitazione necessaria. Quasi una forma di “fisioterapia di massa”, una ginnastica pericolosa, specie avvicinandosi la stagione invernale. Lo abbiamo visto e fatto tante volte. Con il risultato, spesso, di vincere la battaglia, sapendo che la guerra continuerà a svilupparsi in mille trincee, tra agguati, trabocchetti e altre diavolerie previdenziali e contabili.

Il mondo della disabilità non merita questo trattamento. Non lo ha mai meritato, anche quando è stato ripetutamente messo in un angolo con campagne furbe e detestabili che hanno inutilmente cercato didimostrare l’indimostrabile, ossia che in Italia si spende troppo per chi non è produttivo.
«L’ISTAT – documenta il sito della FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap) – certifica che in Italia la spesa sociale per la disabilità è inferiore di mezzo punto di PIL [Prodotto Interno Lordo, N.d.R.] rispetto alla media dell’Unione Europea. In Italia la spesa pro capite è di 423 euro l’anno: la media dell’Unione Europea è di 536. In Germania si spendono 277 euro in più, in Croazia 100. Il divario rispetto all’Unione Europea è di circa 8 miliardi di euro. Se osserviamo gli effetti pratici, ciò significa esclusione sociale, marginalità, impoverimento progressivo delle persone con disabilità e dei loro familiari che spesso sono gli unici caregiver [assistenti di cura, N.d.R.]in un’assenza di politiche certe e strutturate».

Caro Renzi, non tutte le donne con disabilità potranno mettere al mondo un bebè dal prossimo gennaio, anzi credo che in questa situazione saranno ben poche a poterselo permettere, perciò a loro quel bonus di 80 euro non fa né caldo né freddo.
Non tutte le persone con disabilità hanno un lavoro che permetta loro di accedere agli 80 euro di bonus in busta paga o al Trattamento di Fine Rapporto (TFR), per il semplice motivo che oltre due terzi sono strutturalmente disoccupati e dunque devono, necessariamente, avere accesso a servizi, a risorse, a progetti di vita indipendente, se non vogliono finire, come unica e ultima scelta, in una struttura protetta.

Pensavo sinceramente che indietro – almeno rispetto all’esiguo bilancio degli ultimi anni – fosse impossibile tornare, e invece, almeno in prima battuta, ci risiamo.
Almeno ci fosse un segnale di serietà e di trasparenza, una proposta di approfondimento e di riforma strutturale del complesso meccanismo procedurale che rende difficile costruire progetti concreti attorno alle persone, come vuole la Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità. Niente di tutto questo, il Programma d’Azione Biennale per la Promozione dei Diritti e l’Integrazione delle Persone con Disabilità,impegno ampio sottoscritto a suo tempo dal Governo, è fermo tra i buoni propositi, i tagli alle Regioni e ai Comuni sono l’unica certezza conclamata.
Parlare di delusione, al momento, è pure poco. Caro Renzi, c’è solo una cosa da fare. Tra un tweet e l’altro, durante la Leopolda o subito dopo, manda un segnale forte: «Mi sono sbagliato, sulla disabilità non si taglia #statesereni». Che comunque, a dirla tutta, sereni non stiamo di sicuro.

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Non resta che la mobilitazione, per una svolta secca e decisa

23 Ottobre, fonte superando.it

A partire dalla riduzione del Fondo per le Non Autosufficienze, ritenuta come «irricevibile», tutte le organizzazioni di persone con disabilità e delle loro famiglie, che hanno incontrato oggi due Sottosegretari del Governo, convengono sul fatto che in assenza di chiari e opposti segnali, non resta che la via della mobilitazione e della piazza, contro quanto stabilito dal Disegno di Legge di Stabilità, per attirare la giusta attenzione e chiedere una svolta secca e decisa.

Dopo la diffusione della versione ufficiosa del Disegno di Legge di Stabilità – non ancora giunta all’esame delle Camere – era stata dura e unanime la reazione dell’ampio movimento delle persone con disabilità, di fronte al prospettato taglio di 100 milioni del Fondo per le Non Autosufficienze e del congelamento del Fondo delle Politiche Sociali, provvedimenti ritenuti – giustamente – come uno “schiaffo” a molte istanze, attese e promesse.
Ne esce dunque male il Governo: è infatti dallo scorso anno che viene enfatizzata l’approvazione (con Decreto del Presidente della Repubblica) del Programma d’Azione Biennale per la Promozione dei Diritti e l’Integrazione delle Persone con Disabilità, impegno ampio sottoscritto dal Governo cui ora si fanno mancare le risorse. Risorse per l’inclusione sociale, per i diritti, per una vita improntata alla dignità e non alla dipendenza assistenziale. Un brutto segnale che non promette nulla di buono e non favorisce l’avvio di politiche radicalmente innovative per le persone con disabilità.

Oggi, dunque, 23 ottobre, come segnalato nei giorni scorsi, le varie organizzazioni di persone con disabilità – FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap), FAND (Federazione tra le Associazioni Nazionali di Persone con Disabilità) e Comitato 16 Novembre (Associazione Malati SLA e Malattie Altamente Invalidanti) – sono state convocate al Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, proprio sul tema del Fondo per le Non Autosufficienze, occasione propizia per sottolineare, alla presenza dei Sottosegretari al Lavoro, alla Salute e all’Economia e Finanze, l’enorme distanza fra gli impegni espressi in recentissimo passato e la drammatica concretezza del presente.

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TEACCH e ABA

fonte proautismo.org

In una intervista di qualche anno fa ad Adam Feinstein per la rivista Looking Up, il successore di Eric Schopler a capo della Division TEACCH, Gary Mesibov, evidenziava le differenze tra l’approccio TEACCH e l’ABA. Alcuni concetti andrebbero ampliati e puntualizzati, ma mi sembra che la sostanza sia ben delineata. Traduco due domande con le relative risposte.

Adam Feinstein: Sarebbe troppo semplicistico dire che la differenza fondamentale tra il TEAACH e l’ABA-Lovaas stia nel fatto che l’ABA si basa sul principio che il bambino deve superare i suoi caratteri autistici e adattarsi al mondo intorno a lui,  mentre il TEACCH fornisce al bambino un ambiente appositamente disegnato per venire incontro alle caratteristiche di un bambino autistico?

Gary Mesibov:  Be’, naturalmente la situazione è più complessa. Vi sono due modi di guardare ad essa. Penso che tra i due approcci vi siano due importanti differenze. La prima è filosofica: L’ABA – Lovaas e il discrete trial training lavorano sulla base dell’idea che con qualche forma di insegnamento intensivo e sistematico tu puoi acquisire un modello “normale” o neurotipico. Io penso che l’espressione “venire incontro” in riferimento a quello che fa il TEACCH potrebbe dare la falsa impressione che noi non sottoponiamo a insegnamento i bambini con autismo. Invece, naturalmente noi lo facciamo. Ora, io stesso non sono ben messo spazialmente e ho la memoria peggiore che mai – e man mano che invecchio peggiora!  Ma queste sono cose in cui i bambini con autismo sono forti, così noi sperimentiamo e miglioriamo i loro punti di forza e impostiamo uno sviluppo intorno a qualcuno dei loro interessi per aiutarli a funzionare in un modo per loro più confortevole. Non è questione di “venir incontro”. La differenza è quello che insegniamo. L’ABA-Lovaas insegna il modello di sviluppo e funzionamento più “normale”, mentre noi del TEACCH stiamo tentando di costruire sulle differenze. Entrambi ricerchiamo sviluppo e progresso, ma le accentuazioni sono leggermente differenti. L’altra grande differenza tra noi – e non se ne parla altrettanto frequentemente di quella filosofica – è che il concetto principale dietro l’ABA e il discrete trial training è che la spinta principale allo sviluppo e all’apprendimento è il rinforzo. Loro credono questo, che se qualcosa di positivo segue un comportamento che viene insegnato molto sistematicamente e precisamente, allora quel comportamento è destinato a incrementarsi. Mentre io ritengo che il TEAACH viene fuori più dalla tradizione della Gestalt, che si focalizza sulla significatività e la comprensione. La mia tesi è che se a qualcuno  una cosa appare sensata, se la capisce, allora essa promuoverà il suo apprendimento più efficacemente.

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Vivere in un mondo imprevedibile: si cercano le radici dell’autismo

16 Ottobre, fonte portale-autismo.it, Giorgia Bissoli

I ricercatori del MIT(Massachusetts Institute of Technology)  hanno cercato di capire se l’incapacità dei soggetti autistici di fare delle predizioni possa essere alla base di questo disturbo e di tutte le difficoltà che esso comporta.

L’autismo è un gruppo complesso di disturbi che spesso si manifesta con: difficoltà comunicativa, difficoltà nelle relazioni sociale, stretta aderenza alla routine e presenza di comportamenti ripetitivi. Oggi, una nuova analisi di dati esistenti ha guidato i ricercatori a credere che l’incapacità di fare delle predizioni possa essere la base di questi ed altri comuni markers comportamentali del disturbo dello spettro autistico. I ricercatori hanno ipotizzato che le persone con ASD fanno molta fatica ad inserire nel contesto gli eventi di cui fanno esperienza o che osservano. In altre parole, loro non possono determinare cosa è successo prima di un evento e cosa l’ha causato o fare predizioni su quale potrebbe essere il risultato dell’evento stesso. I ricercatori credono che questa mancanza metta a dura prova il cervello, rendendolo costantemente sovraccarico durante l’analisi di un ambiente apparentemente caotico. A causa di questo incessante bisogno di osservazione e dell’incerta fine che può avere un evento le persone con ASD esperiscono un accresciuto livello di ansia e ipersensitività.

Nel “Proceedings of the National Academy of Science Journal”, i ricercatori assumono che il cervello di soggetti autistici non possa abituarsi a determinati tocchi, suoni o stimoli visivi nello stesso modo di un cervello neurotipico. In altre parole, il cervello non può dare priorità a determinati stimoli e così è costantemente ipervigile ed eccessivamente sensibile(come accade per esempio quando si indossano vestiti troppo stretti o si sentono suoni troppo forti).

Questa nuova ipotesi, chiamata ufficialmente “ipotesi del danneggiamento predittivo”, sostiene che le difficoltà sociali derivino dunque da problemi di categorizzazioni e difficoltà nel mettere in ordine gli eventi. Persone con ASD non possono  anticipare cosa accadrà dopo un sorriso o prima di un pianto e manifestano così una marcata difficoltà sociale. Quindi, i comportamenti routinari caratteristici del disturbo potrebbero essere la manifestazione di una strategia da applicare ordinatamente nella loro quotidianità imprevedibile.

Mentre la teoria non propone nuovi trattamenti e non identifica difetti neuronali alla base di questo disturbo, i neuroscienziati credono che sia una nuova via utile per pensare all’autismo al di là della sperimentazione. Questa infatti potrebbe condurre a delle terapie rivolte allo sviluppo delle capacità predittive che potrebbero alleviare le sofferenze e l’ansia legate all’ imprevedibilità dell’ambiente ed a stabilire ordine in un mondo disordinato.

http://dspace.mit.edu/handle/1721.1/90824

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Cari politici, autismo non è un insulto. È una disabilità

11 Ottobre, fonte www.west-info.eu

Mercoledì scorso, il Commissario europeo per la Concorrenza, Joaquin Almunia, ha detto in una conferenza stampa ufficiale: “Me ne importa… io sono una persona. Io non sono una persona con autismo” (I care…I am a person. I am not an autist). Il suo commento è stato fatto in risposta ad un giornalista che gli chiedeva se avesse a cuore i rischi in un progetto particolare che sta ricevendo aiuti di Stato da parte dell’Unione Europea. Le parole di Almunia seguono una serie di recenti incidenti in cui leader europei di alto profilo hanno usato i termini “autismo” e “autistico” come insulti. Sulla questione non si è fatta attendere la risposta delle associazioni. Il Direttore di Autism-Europe, Aurélie Baranger, ha risposto così: “L’autismo non è un insulto. Si tratta di una disabilità. I leader  devono astenersi immediatamente da utilizzare l’autismo o qualsiasi altra condizione mentale o fisica come un insulto”. Ha continuato Baranger. “Le persone con autismo in tutta Europa affrontano già molte barriere e discriminazioni. Ulteriori stereotipi negativi nei media portano solo ad acutizzare la stigmatizzazione e le difficoltà“.

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