Stampa

Una miriade di associazioni per l'autismo, ma solo l’unione può fare la forza

Intorno al mio ultimo articolo "Rappresentativi se..." sembra essersi creato un acceso interesse. Era questo, e questo rimane, l'obiettivo principale del mio impegno. Tra i tanti interventi di cui mi è giunta l'eco riporto qui quelli di Fabio Brotto (Autismo Treviso) e Salvatore Nocera (FISH). Ospiterei volentieri anche Roberto Speziale (ANFFAS), ma purtroppo - o per fortuna? - non essendo (io) iscritto a Facebook non saprei come fare... A tutti il più sentito "grazie"

fonte proautismo.org/, Fabio Brotto 

Un articolo di Gianfranco Vitale,Rappresentativi solo se…, delinea bene la problematica di base delle associazioni che in Italia tutelano gli interessi delle persone con autismo. Sono una miriade, continuano a spuntare come funghi, spesso sono addirittura concepite per un singolo bambino. Certamente questa proliferazione non aiuta la causa generale, anzi la indebolisce moltissimo. Si tratta tuttavia di un fenomeno forse inarrestabile, che va studiato a fondo, per comprenderlo in tutti i suoi aspetti, altrimenti il rischio è quello di doversi limitare a deprecazioni improduttive e vane esortazioni. È vero che esiste anzitutto una spaccatura di fondo tra le famiglie: tra quelle che aderiscono alle indicazioni della scienza ufficiale, e alla linea guida dell’Istituto Superiore di Sanità, e quelle che si muovono in ogni direzione, prestando orecchio alle numerose sirene che promuovono cure senza fondamento scientifico e talvolta diffondono idee che rasentano la paranoia. Il primo gruppo di famiglie, io credo, dovrebbe essere interessato a coagularsi in un’associazione nazionale, o in una federazione di associazioni in grado di dar voce piena alle loro esigenze, che sono quelle dei loro figli con autismo. Oggi in teoria esistono sia l’associazione nazionale sia la federazione (ANGSA e FANTASiA), e trovano ascolto anche in ambienti politici e istituzionali forse grazie a certi legami col PD, ma non decollano, non riescono a raggiungere un numero veramente ampio di iscritti. Sono rappresentative, o possono ambire ad esserlo, solo da un punto di vista burocratico, non sostanziale. Mi pare urgente, dunque, continuare l’analisi che in questo articolo Vitale ha impostato. Perché è vero anzitutto che un numero consistente, anzi maggioritario, di famiglie giovani oggi non entra in alcuna associazione. Di quelle che rimangono, molte finiscono nei vari Comitati Montinari ecc.. Il resto è ulteriormente frammentato, per diversissime ragioni, sulle quali credo che la dirigenza nazionale di ANGSA dovrebbe riflettere molto, molto seriamente. Del resto, in quest’epoca di Internet, basta andare a guardare il sito di FANTASiA perché cadano le braccia: se non si lavora sulla comunicazione, non si va lontano.

fonte superando.it, 17 novembre, Salvatore Nocera *

Ho letto l’articolo di Gianfranco Vitale, pubblicato da «Superando.it» con il titolo di Rappresentativi solo se… e ne condivido lo spirito e i contenuti. Infatti, quale presidente nazionale del Comitato dei Garanti della FISH(Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap), ritengo valide molte delle ragioni addotte da Vitale, per spiegare il proliferare e il frantumarsi di Associazioni che nello specifico sono impegnate sul fronte dell’autismo.

Vengo da una lunga militanza nel campo del volontariato e dell’associazionismo della disabilità e sono convinto che le famiglie debbano prendere consapevolezza che solo l’unione fa la forza; anche per questo motivo sono stato tra i fondatori della citata FISH, che è una Federazione nata proprio per ridurre il frazionismo e facilitare il dialogo tra le Associazioni, unica strategia vincente, se le singole organizzazioni vogliono essere seriamente sentite dalle autorità politiche e ottenere il riconoscimento dei loro diritti.

Per quanto quindi possa valere, mi permetto di rivolgere a tutte le piccole Associazioni l’augurio per le prossime festività che si convincano della necessità di collegarsi e di entrare a far parte di un raggruppamento più grande, scelto naturalmente secondo i propri gusti.

* Presidente nazionale del Comitato dei Garanti della FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap), della quale è stato vicepresidente nazionale.

 
Stampa

RAPPRESENTATIVI SE…

di Gianfranco Vitale*

Uno dei fenomeni più controversi, nella storia recente del welfare, è sicuramente quello legato alla proliferazione di piccole, e a volte piccolissime, associazioni di familiari, i cui componenti, almeno per quanto riguarda l’autismo, hanno (spesso) in comune la caratteristica di provenire dalla stessa casa madre. Molte ne rivendicano piena autonomia, persino ai tavoli istituzionali, minando così - alle fondamenta - il concetto stesso di associazione “maggiormente rappresentativa”.

A tale proposito è il caso di ricordare che le condizioni per definire rappresentativa un'associazione di difesa degli interessi (advocacy), sulla base della legge 15 dicembre 1998, sono: indipendenza (da conflitti di interesse); inclusività (nel caso specifico dell’autismo “rappresentatività di tutte le persone con disturbi dello spettro autistico”); democrazia (democraticità dello statuto, elettività delle cariche); diffusione sul territorio nazionale in almeno 10 regioni.

Sotto il profilo giuridico mi limito qui a sottolineare che leggendo anche la 476/87, art. 2, comma 1, lettera a) e b), potrebbero essere sollevati forti dubbi interpretativi, in particolare per quanto attiene il requisito della presenza in un certo numero di regioni, a conferma che l’ambiguità del contesto legislativo è tutt’altro che estranea alla confusione imperante in materia.

Stampa

Fa sempre paura il pensiero unico

Un articolo molto interessante, realizzato attraverso un'analisi intellettuale rigorosa e, per larghi tratti, ineccepibile. Non la banale demolizione di finti vati, di cui c'è pur stato (e rimane) largo e immotivato abuso in rete, ma la critica lucida di una madre che riscopre l'importanza del "dubbio" e si interroga su quale sia il senso complessivo del suo essere genitore. A me pare essere questo il percorso che può finalmente trasformare gli autistici in Persone Autistiche [G. V.]

15 dicembre, fonte superando.it, Rosa Mauro

Scrivo quando sta finendo il 3 dicembre 2014, quindi nella Giornata delle Persone con Disabilità, che in qualche modo è la festa mia e di mio figlio. Oggi di chiacchiere se ne sono fatte tante ed è stato “costretto” a parlare di disabilità lo stesso presidente del Consiglio Renzi, cui da queste pagine ho indirizzato qualche settimana fa una lunga lettera, finita, molto probabilmente, in qualche cestino di PC, senza che lui nemmeno l’abbia letta. Chissà se l’ha mai avuta tra le mani, mi chiedo, e rivolgo un pensiero all’ignoto cestinatore, sperando che almeno lui, prima di buttarla, l’abbia letta, magari esclamando un manzoniano: «Chi è costui?» (in questo caso, costei?).
Dicevo dunque che di chiacchiere se ne sono fatte tante, e voglio farne qualcuna anch’io, perché in questi giorni ho intravisto un pericolo nell’informazione sulla disabilità, e in particolar modo sull’autismo.

Stampa

Comunicazione Facilitata a Scuola: abusi e incomprensioni

10 Dicembre, fonte superando.it, Flavio Fogarolo *

Perché diventa così difficile la comunicazione tra scuola, famiglia e servizi, quando c’è di mezzo la tecnica della Comunicazione Facilitata?
Da anni, e ancora adesso che sono in pensione, mi imbatto in situazioni di tensioni e conflitto in cui alla radice ci sono proprio profonde divergenze sull’uso a scuola di questo sistema di comunicazione. I servizi sanitari, pubblici o convenzionati, nella stragrande maggioranza dei casi rifiutano categoricamente la Comunicazione Facilitata e tagliano quindi i ponti con la famiglia, ma anche – e questo è molto grave – con la scuola che accoglie l’alunno e che si trova quindi privata del supporto all’integrazione, previsto dalla normativa vigente. E così il ruolo che la Legge 104/92 assegna agli specialisti pubblici, come ad esempio la partecipazione agli incontri di definizione del PEI (Piano Educativo Individualizzato), viene in molti casi assunto dai privati scelti (e pagati) dalla famiglia, con evidenti e pesanti commistioni di interessi e valori.
L’ASL, come abbiamo visto, spesso si ritira e la scuola è lasciata sola. Se accetta le condizioni imposte dalla famiglia, le cose in qualche modo vanno avanti, altrimenti l’alunno viene spostato da un’altra parte. La migrazione da una scuola all’altra, alla ricerca di quella più “accondiscendente”, è molto frequente in questi casi, soprattutto nella Secondaria di Secondo Grado, quando si fa maggiormente sentire, come vedremo, la questione della validità del percorso scolastico e del titolo di studio finale.
Ma cosa può fare la scuola? Deve veramente accettare qualsiasi situazione in nome del diritto della famiglia di scegliere, per il proprio figlio con disabilità, il tipo di cura e riabilitazione che ritiene più opportuno?

Condividi su

FacebookTwitterGoogle BookmarksLinkedin