"Durante una vita” comincia con una fiaba. Perché? Semplice: i suoi protagonisti fanno riferimento a personaggi che pur vivendo nella realtà possono, attraverso l’artificio letterario, stimolare più facilmente la fantasia dei bambini, a coloro i quali, cioè, come nel caso di Gabriele, è stato chiesto di pagare il costo più elevato degli errori commessi dai cosiddetti “grandi”.

In effetti questa favola l’avevo pensata per mia figlia Ileana, cui l’intero racconto è dedicato, oltre che naturalmente a Gabriele: il protagonista assoluto della storia come lo è, quotidianamente, della mia esistenza.

Attraverso questo lavoro non ho alcuna ambizione particolare, se non quella di lasciare loro un segno dei miei sentimenti, per modesto che sia.

Se, poi, Altri vorranno leggerlo non è da escludere che potranno trovare elementi di riflessione e di attenzione a proposito di tematiche di cui, purtroppo, si parla oggi - generalmente - in modo episodico, pietistico e superficiale, laddove ben diverso dovrebbe essere l’approccio e il coinvolgimento della società civile!

La testimonianza che chiude il racconto (scritta da un ragazzo affetto da disturbi psichici di quindici anni, che ha frequentato la scuola in cui insegno), di cui riproduco l’originale, è, invece, una sorta di limpido fiume nelle cui acque ciascuno di noi - se crede - potrà specchiarsi. Ma è anche, forse e di più, un pesante atto d’accusa.

Sento la necessità di concludere questa breve presentazione ringraziando quanti hanno reso possibile la pubblicazione del libro, a partire dall’editore Giuseppe Verriotto che mi ha dedicato una poesia: amici stupendi, che amorevolmente mi hanno aiutato a completare quella che, per un dilettante come me, alla prima esperienza, è stata un’autentica - seppur necessaria e sofferta - fatica!

 

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