La scorsa settimana un ragazzo di non ancora trent’anni è morto all’interno di uno di quei cassonetti gialli della Caritas e i titoli dei vari quotidiani non avendo ancora notizie certe, o forse non cercandole nemmeno, hanno liquidato quella tragedia con questi titoli “senzatetto muore stritolato in un cassonetto”, “muore stritolato per prendere un vestito usato“, “moldavo muore in un cassonetto”, “un giovane, senza fissa dimora, muore stritolato”. Come vedete bene anche voi il verbo stritolato è stato usato da tutti i quotidiani, perché colpisce l’attenzione macabra dei lettori, riporta a una situazione tragica e drammatica, apre scenari da film horror, lascia libera l’immaginazione di chi sta leggendo, ma il tutto viene liquidato con la specifica che il ragazzo, per quanto giovane, fosse un homeless, un senza fissa dimora. In alcuni titoli poi si è specificata l’etnia, allora il ragazzo in alcuni casi è diventato di origini cecene, in altri moldavo, in altri ancora albanese, come se il Paese di provenienza potesse in qualche modo giustificare o alleviare il peso di questa morte atroce.
Questo accade tra la notte di venerdì 14 e sabato 15 maggio, è da poco passata la mezzanotte quando l’uomo arriva nella zona residenziale del centro a Mestre, a due passi dal municipio, a tre da piazza Ferretto, si guarda un po’ intorno, ha una pila. Prova a entrare una prima volta, poi torna indietro, alla fine riesce a infilarsi con la testa nel box dei vestiti. Da lì, però, non uscirà più. L’allarme viene dato da un passante: sul posto arriva in pochi secondi una volante della polizia, ma gli agenti della questura possono ben poco. Mezzanotte e quaranta: accorrono anche i vigili del fuoco e l’ambulanza del Suem. Non è possibile estrarlo e allora i pompieri usano le cesoie per aprire come una scatoletta di latta il cassonetto: il ragazzo viene liberato, ma è troppo tardi. È morto. Il caso viene liquidato come dramma della povertà, e così viene riportato dai maggiori quotidiani, sia cartacei che digitali, complice il fatto che il giovane non avesse documenti con sé, addirittura qualcuno si è spinto oltre, sostenendo che avesse un complice e che, con lui, stesse rubando i vestiti usati per poi rivenderli. Come a mettere l’accento sul fatto che alla fine quella morte se la fosse anche un po’ cercata, e infatti i commenti sui social, sotto ai vari articoli andavano anche in quella direzione, fino a quando non si è scoperta la verità sull’identità di questo giovane e sfortunato ragazzo.