Quando frequentavo la scuola materna, era 'usanza' che ogni otto marzo, i maschietti portassero per le femminucce, un mazzolino di mimosa. La maestra, poi, ne attaccava un pezzettino sul grembiule di noi bambine, dalla parte del cuore. Ci diceva che dovevamo portarlo con orgoglio. Non è semplice -diceva- essere donne. A quattro anni non potevamo capirla, volevamo solo che facesse in fretta, per tornare a giocare e a rincorrerci. Crescendo, poi, ho cercato sempre più informazioni sulla ricorrenza. E sinceramente, un po' m'intristisce la piega frivola che ha preso questa 'festa'. Perché atteggiarsi in un qualche locale alla vista dello spogliarello di un qualche tizio palestrato e unto di un qualche intruglio? Perché nessuno si ricorda del rogo che uccise quasi 130 donne, nel 1908, nella Cotton? Perché nessuno si ricorda delle donne che a New York, nel 1909 scioperarono per giorni, urlando in piazza, per chiedere condizioni lavorative più dignitose? Perché avete dimenticato le donne che nel 1917 a San Pietroburgo chiedevano la fine della guerra dando vita a quella che fu la rivoluzione russa di febbraio? Perché strumentalizzare una ricorrenza?