I disabili e il viaggio. Quando il turismo diventa inaccessibile
"La Repubblica" - Valentina Tomirotti
Le temperature tropicali di questa estate 2022 richiamano le vacanze, come non succedeva da anni, un miraggio che ci accomuna tutti. Arriva quel momento del calendario in cui pensiamo a staccare, minimizzare, allontanarci, senza renderci conto che la sola scelta di prendersi una pausa non è cosa per tutti, pensiamo ad esempio alle persone con disabilità. Organizzare un viaggio, in questo caso, è un progetto, più che una scelta o un momento di svago. Non è più questione di luogo di destinazione, che diventa un dettaglio secondario, non importa se mare, montagna o città, l'unica vera domanda che spera sempre di trovare una risposta è: «Troverò una struttura accessibile adatta alle mie esigenze?». Ha tutta l'aria di una missione impossibile.
Viaggiare quando si ha una disabilità non è un sogno proibito, è solo complicato farlo, soprattutto in Italia, perché il turismo accessibile può trasformarsi in turismo inaccessibile. Si vive nello stereotipo che accessibilità sia sinonimo di assistenza sociale, invece è a tutti gli effetti un ramo economico per il nostro Paese che può fare impresa, creare indotto autosostenendosi senza togliere risorse al settore sociale. Il Codice mondiale di Etica del turismo, scritto nel 1999 e adottato dall'Italia nel 2012, colloca il turismo nel parterre dei diritti e lo definisce come «la possibilità di accedere direttamente e personalmente alla scoperta e al godimento delle ricchezze del pianeta» e come «diritto di tutti gli abitanti del mondo (...) nel poter(ne) usufruire in modo paritario» .