Gianfranco Vitale: "LA CURA NELL’AUTISMO: QUALE?"
Esiste un legame, e in tal caso quale, tra l’approccio medico-farmacologico e quello psico-educativo all’autismo? Per rispondere a questa domanda occorre innanzitutto ricordare che non si dispone, allo stato attuale, di una strategia in grado di “guarire“ l’autismo. Quelli messi in campo sono in prevalenza sistemi , conosciuti e validati dalla scienza internazionale, di tipo cognitivo-comportamentale, psico-educativo e di supporto alla comunicazione, finalizzati a migliorare le autonomie, i deficit sociali e le competenze individuali delle persone autistiche.
Per quanto possa apparire “strano”, o se si preferisce “non in linea” con l’orientamento appena citato (ma chi lo pensa dimentica che in vasti settori della psichiatria italiana permane l’antico pregiudizio che identifica i DSA con una malattia mentale… ), ultimamente – in rapporto all’autismo - si è assistito ad un consistente aumento degli interventi farmacologici.
Ciò ha destato, ed era inevitabile, viva preoccupazione e diffuso allarme tra le famiglie… Sentimenti tanto più comprensibili dal momento che nessun farmaco si è finora dimostrato efficace nel “curare” l’autismo e/o nel modificare radicalmente i sintomi “nucleari” che ne sono alla base: i disturbi dell’interazione reciproca e la ristrettezza degli interessi.
Peraltro questa considerazione è stata, ed è, il primo e insuperabile limite alla utilizzazione di psicofarmaci nei DSA: si tratta di un concetto affermato dalla Linea Guida 21 dell´ISS nel 2011 e confermato nell´agosto 2013 dalla Linea Guida, NICE, del Regno Unito.