Sono una persona con grave disabilità, oggi affetta da SLA (sclerosi laterale amiotrofica), dopo avere vissuto per quarantasette anni una vita cadenzata da studio, lavoro, interessi e quant’altro, tra alti e bassi. Vivo in questo recondito scenario che è la città di Roma e da qui mi si permetta di suonare e dedicare questa sinfonia a Lei, a Ezia mia moglie, ora e per sempre.
Quanto Lei mi abbia educato, accompagnato nella vita prendendomi per mano, aiutato a superare la disperazione, quanto abbia dovuto e quanto debba spendere in termini quantitativi e qualitativi, Lei che deve quotidianamente sacrificare gran parte della propria vita a sostegno delle mie terrene necessità. E sì che vestirmi, lavarmi, mangiare, bere, soddisfare le mie necessità fisiologiche, fare una passeggiata e altro sono atteggiamenti talmente normali da non poter essere concettualmente considerati come “straordinari”. Ma tant’è che se io non avessi l’amore, l’attenzione, la vicinanza, il sostegno di Ezia, certamente non potrei vantare la stessa dignità di vita che posso vantare ora e tali atteggiamenti, di normalità ordinaria, diverrebbero per me di grottesca straordinarietà.