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Caporalato

Scritto da Super User. Postato in Storie di Invisibili

 

“Lavora, ciuccia, asina. Che con i soldi che mi tengo dalla tua paga mi faccio le vacanze, mentre voi dovete pagare i mutui”. Sono quasi trent’anni che Angela (nome di fantasia) se lo sente ripetere. Da quando a 14 anni, appena uscita dalle scuole medie, suo padre l’ha portata a lavorare nei campi pugliesi “perché non avevamo soldi per andare avanti”. Oggi di anni ne ha 42, la maggior parte passati da bracciante sfruttata dai caporali che, dalla sua Taranto, l’hanno portata in giro per la regione a raccogliere uva e ortaggi. Ma oggi per lei e altre 49 vittime dello sfruttamento inizia una nuova vita. Angela fa parte del gruppo di 50 donne italiane che sono state coinvolte nella prima filiera bio-etica contro il caporalato.
L’iniziativa Donne braccianti contro il caporalato è nata dall’intesa tra l’associazione NoCap, fondata e guidata da Yvan Sagnet, tra gli organizzatori del primo grande sciopero di braccianti a Nardò, nel 2011 ...
Oggi, invece, l’iniziativa “Iamme” si è concentrata sullo sfruttamento delle donne vittime di caporalato che così inizieranno a raccogliere uva da tavola biologica nelle terre di Ginosa con un contratto regolare che ricalca quello provinciale da 6,5 ore al giorno, contro le 10 imposte dai caporali per una paga di 30 euro, oltre al costo del trasporto su mezzi pericolosi.
Le lavoratrici avranno a disposizione un alloggio e il trasporto gratuito verso i luoghi di lavoro. “Si sta avverando il mio sogno ... Ci speravo da tempo”. ...“La giornata lavorativa iniziava alle 5.30 – ricorda -, ma spesso dovevamo andare a lavorare in zone distanti da Taranto, ad esempio nel Barese, a due ore e mezzo di viaggio in furgoni omologati per nove persone e nei quali entravamo in 18. Quindi partivamo alle 2.30. Sette ore di lavoro minimo, poi c’erano gli straordinari e allora si poteva arrivare anche a 12”. Molte delle quali non erano pagate: “Il caporale ci faceva lavorare ogni giorno, non ci riposavamo nemmeno la domenica – continua – Poi a fine mese ci diceva ‘ti ho segnato 20 giorni’, così tu sapevi che gli altri 10, più gli straordinari, se li intascava lui o facevano risparmiare l’azienda sulle paghe. Prendevamo al massimo 600 euro al mese“. ...
Le forze dell’ordine? (ride, ndr) Ci vedevano e non facevano niente, sa con quante mogli di poliziotti e carabinieri ho lavorato nei campi?”. In tutti questi anni Angela dice di essere stata sfruttata da più di 20 aziende pugliesi, ma oltre all’azzeramento di diritti, ha dovuto ingoiare anche i soprusi dei caporali: “Non sono mai stata picchiata – dice -, ho dovuto sopportare qualche avances, ma soprattutto venivamo continuamente offese mentre lavoravamo. Ricordo che ci prendevano in giro dicendoci che i soldi che non ci davano permettevano a loro di fare vacanze, mentre noi ci affannavamo a pagare i mutui. Che eravamo delle asine.
Una volta chiesi a un caporale di poter andare in bagno, lui mi disse di fare quello che dovevo poco più in là. Mi ribellai, gli dissi che non eravamo animali, che avevamo la nostra privacy, e me ne andai, ma durò poco. Quelli che ci sottomettevano ogni giorno erano gli stessi uomini che incontravamo in giro in paese, al bar, in chiesa. Era tutto normale”. ...
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

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