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Avverbi e coerenza

di Gianfranco Vitale

Esiste una diffusa tendenza da parte delle famiglie a delegare funzioni e responsabilità che potrebbero, e dovrebbero, essere esercitate in modo meno indiretto e più consapevole. Nelle associazioni, a cominciare da quelle storiche, fatica, al di là di facili mozioni degli affetti, a delinearsi una strategia da molti giudicata opportuna, necessaria e urgente, in risposta alla vergognosa latitanza delle istituzioni locali e centrali.

Difficile negare, eppure è quello che avviene, che il dibattito stenta ad affermarsi; difficile negare che manca una informazione precisa e puntuale (vedi, ma è solo un esempio, la penosa sordina imposta ai lavori della commissione Affari Sociali, incaricata - in Senato - di “discutere” il disegno di legge sull’autismo), che funga da punto di coagulo per compattare le famiglie, offrendo loro una prospettiva credibile di lavoro ed obiettivi.

Non è difendendo puntigliosamente la propria ragione sociale che si diventa più autorevoli, né suonando la rituale grancassa del “siamo tutti volontari” (come se i volontari non sbagliassero, al pari di chiunque altro, e non potessero essere criticati per questo…), né ricorrendo a battutine sugli avverbi che taluni userebbero in modo ingeneroso. E’ legittimo avere opinioni diverse, ma scrivere “infine non possono essere dimenticate le responsabilità della politica” vuol dire ribaltare la realtà per chi è invece convinto che l’origine dell’immobilismo sia proprio questa!

Dunque la questione non è affatto dividere il capello in quattro, come sbrigativamente qualcuno pensa, magari dopo aver letto il titolo di un articolo anziché il contenuto, ma rispondere, in modo chiaro e comprensibile, alla seguente domanda: “Cosa si fa per contrastare l’impasse della politica, tenuto conto che l’orologio dei nostri figli non batte lo stesso ritmo dei signori del Palazzo?”.

Poiché attorno a questo nodo si continua, da parte delle associazioni, a girare intorno, con espressioni che ricordano molto da vicino il politichese, spero di non incorrere nel reato di abiura o di lesa maestà se dico che alle famiglie va proposta una strategia capace di superare questo deprimente scenario. Per occupare le piazze, per manifestare, per sensibilizzare l’opinione pubblica non è affatto necessario aspettare il 2 Aprile 2016! Aggiungo che si può chiedere ospitalità ai media non solo per illustrare doverosamente le proprie proposte ma anche per denunciare, quando serve (e Dio solo sa quanto serve!), istituzioni che non mostrano di provare alcun rispetto verso le ragioni dei nostri figli. Ancora: si può valutare la possibilità di interventi legali in sede europea per violazione di norme che hanno a che fare, lo ricordo sommessamente ai cultori del rapporto “ad ogni costo”, con i diritti fondamentali della Persona.

Io credo che l’insieme di queste misure e/o di altre, che devono scaturire da un confronto allargato, possano indurre la classe politica e i Servizi che operano sul territorio ad adottare quelle misure di cui le persone autistiche, e i loro genitori, hanno – come sappiamo - urgente bisogno.

Serve a poco limitarsi ogni volta a ricordare quante copie di un bollettino vengono stampate (la vita di mio figlio non cambia per questo…), perché tornare a essere protagonisti significa ben altro: vuol dire innanzitutto metterci la faccia, chiamare le cose col loro nome, combattere strenuamente una battaglia contro alcune caste che hanno ampiamente dimostrato di avere ben altri “interessi” che quelli di cui sono portatori i nostri cari.

Perciò dico che ricordare che un’associazione è un soggetto con funzioni consultive (come se non sapessimo che non è un organo di governo…) non significa che essa, e chi rappresenta, deve diventare succube della protervia e dell’arroganza altrui. Al contrario è necessario reagire, mettersi in gioco in prima persona (per un esempio di cosa significhi non presentarsi a certi appuntamenti con il cappello in mano e col vestito della festa val la pena leggere cosa scrive Annalisa, mamma di un soggetto autistico, al sottosegretario al Ministero della Salute Vito De Filippo (clicca qui), senza timori reverenziali, senza accondiscendenze, senza (s)comodi filtri di… sottosegretari “amici”.

Serve un intervento a largo spettro, in grado di affrontare i problemi comuni a tante persone con ASD sparse in questo strampalato paese, capace di mobilitarsi solo il 2 Aprile, quasi come se durante gli altri trecentosessantaquattro giorni dell’anno l’autismo andasse in ferie (come dimenticare le tante pagine Facebook che si sono compiaciute di mostrare le foto di palazzo Montecitorio illuminato di blu nell’occasione? Come dimenticare la retorica di quanti hanno bollato di disfattismo chi (mi viene in mente un’altra mamma coraggiosa: Rosa Mauro) si è addirittura permessa (non sia mai…) di ricordare che un’associazione che si definisce rappresentativa deve farsi carico di tutti i contesti e non solo di quelli più lungimiranti e che la più alta carica dello Stato bene avrebbe fatto il 3 Aprile a convocare il Presidente del Consiglio, per esercitare nei suoi confronti una sorta di sacrosanta e doverosa “moral suasion".

Quando si è trattato di sostenere la petizione che muoveva dal mio articolo indirizzato ai presidenti Mattarella e Renzi (nonché a Sua Santità Papa Francesco) Angsa Nazionale si è ben guardata dal promuovere una campagna di informazione e mobilitazione tra i suoi iscritti, che a quel documento certo avrebbe conferito una maggiore eco e un più elevato peso contrattuale. Sarebbe interessante (ma tutt’altro che irrinunciabile per me) conoscerne PUBBLICAMENTE le ragioni, in modo che ciascuno, iscritto o non iscritto all’associazione, dopo averlo già fatto con l’avverbio “infine” possa interrogarsi anche sul significato della parola “coerenza”! 

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