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“Sfratto criminale”, rischia di finire in strada una donna senegalese col figlio disabile

22 Aprile, fonte redattoresociale.it

L’ufficiale giudiziario si è presentato in casa loro già tre volte, impugnando lo sfratto esecutivo. Ora, il 16 maggio, potrebbero trovarsi in mezzo alla strada, cacciati dalla casa in cui vivono dal 1999. F. viene dal Senegal e ha quattro figli, uno dei quali con grave disabilità: l'unico che ancora vive insieme a lei, visto che gli altri sono tornati tutti in Senegal. La casa è poco più di un magazzino nel cuore del Pigneto: 35 mq, senza riscaldamento, ma al piano terra e proprio di fronte alla scuola frequentata dal figlio. Condizioni troppo favorevoli perché ci possa rinunciare. Anche se 560 euro di canone mensile non sono affatto pochi, per quel che viene offerto in cambio. Eppure, ora, F. rischia seriamente di doversene andare: il suo contratto di affitto scade il prossimo anno, ma a maggio del 2014, a causa di difficoltà economiche, ha interrotto i pagamenti. Solo per qualche mese, visto che già a settembre proponeva al proprietario di saldare la metà del debito: mille euro, rateizzando il resto. Ma il proprietario non ha accettato: “tutto subito, o ti mando via”. Senza alcun riguardo per la donna, che per buona parte dell’anno vive da sola col figlio, mentre il marito trascorre molti mesi in Senegal. 

F. non ha chiesto subito aiuto, sebbene tanti nel quartiere la conoscano e sarebbero stati contenti di aiutarla: “è una donna piena di dignità e molto riservata – racconta un abitante – e ha cercato di risolvere la situazione per conto proprio”. Anche all’avvocato Mario Angelelli, presidente di Progetto Diritti, che conosce da tanti anni, si è rivolta molto tardi: “Non mi ha parlato subito del suo problema – riferisce Angelelli – altrimenti saremmo intervenuti prima”. Così, il tempo è trascorso e, nel frattempo, il proprietario ha sporto denuncia. Solo all’inizio di quest’anno, sostenuta da progetto Diritti, F. ha chiesto la “morosità incolpevole”, che le consentirebbe di accedere al fondo di 20 milioni di euro per il 2015 (con un tetto massimo di 8 mila euro), destinato proprio all’emergenza sfratti. 

“Mi hanno detto, però, che forse è troppo tardi – riferisce F. – e sto cercando, insieme all’avvocato, di capire come fare. L’ufficiale giudiziario, finora, è venuto da solo, ma il 16 maggio potrebbero buttarmi fuori la polizia”. F., dal 2012, è anche in graduatoria per le case popolari, “ma sono il numero 680”, riferisce. “Ho provato a cercare un’altra casa, sempre nel quartiere, perché non voglio cambiare scuola a mio figlio e non possiamo allontanarci troppo, visto che ci spostiamo con la carrozzina e senza auto. Ma per un monolocale come quello in cui vivo, magari più simile a una casa, chiedono 600-700 euro almeno. E io non posso permettermeli”. 

Per il Comitato di quartiere, che nei giorni scorsi si è unito al presidio contro l’ingiunzione di sgombro organizzato da Action, si tratta di uno “sfratto criminale. Faremo il possibile per impedirlo”. L’avvocato Angelelli, intanto, sta seguendo il caso con attenzione: “Dopo l’ufficiale giudiziario, potrebbe presentarsi il  fabbro con la polizia. Temiamo che la famiglia sia lasciata in strada, visto che nessuna alternativa finora è stata offerta. Abbiamo in mano tutte le carte e stiamo studiando il modo migliore per intervenire”.

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