Animation photo Animation_zps2e5d6bd9.gif

Ad oggi, gli studi scientifici descrivono il cervello con una metafora ormai nota: una centralina di elaborazione che permette un continuo scambio di messaggi tra un’area e l’altra, dove il flusso di informazioni passa attraverso le connessioni neuronali. Lo studio approfondito di questo fenomeno tramite l’utilizzo di tecniche non invasive come la risonanza magnetica funzionale, ci ha permesso di osservare che la comunicazione (o connettività) tra le aree cerebrali dell’individuo autistico è alterata.

Tuttavia, queste alterazioni appaiono essere molto eterogenee, cioè diverse da gruppi di pazienti ad altri. Per esempio, ancora non si è riusciti a capire il perché in alcuni casi l’autismo porta a una diminuzione della connettività tra diverse aree, mentre in altri casi porta addirittura a un esito diametralmente opposto, cioè a una maggiore connettività. In altre parole, quali sono i meccanismi biologici alla base di queste osservazioni apparentemente non conciliabili? 

La mancanza di una spiegazione chiara a questo paradosso ha portato a uno stallo nell’ambito della ricerca sull’autismo, e alcuni esperti hanno addirittura messo in questione l’utilità e il significato di queste misure. Secondo noi però, questa è una contraddizione solo in apparenza e non vuol dire che siamo arrivati ad un vicolo cieco. Anzi, questi risultati ci hanno motivato a fare un passo in avanti e abbandonare definitivamente l’idea che esista un’unica manifestazione dell’autismo nel cervello.

Da questa intuizione vincente partirà il progetto triennale da me coordinato che è stato recentemente selezionato e premiato con una Marie Curie Global Fellowship, un bando altamente competitivo che l’Unione Europea assegna a giovani ricercatori per sviluppare un progetto di ricerca e specializzarsi ulteriormente negli Stati Uniti.

Lo scopo dello studio che abbiamo proposto è sfruttare la variabilità osservata tra pazienti nelle misure di connettività celebrale come chiave per decostruire l’autismo in sottocategorie. L’ipotesi cardine della ricerca è che esistano sotto-tipi di autismo e che sia più corretto quindi parlare di “autismi”.

Più nello specifico, noi crediamo che ci sia un legame tra la forte componente genetica che caratterizza l’autismo e le alterazioni nella funzionalità nel cervello, e che determinate mutazioni genetiche contribuiscano in maniera specifica ad alterare la communicazione neuronale, come indicano i nostri risultati recenti su alcune mutazioni di grande rilevanza per l’autismo. In linea con questo, andremo quindi a testare l’ipotesi che sia possibile “spacchettare” l’autismo in sottotipi, raggruppando mutazioni che alterano allo stesso modo le stesse connessioni cerebrali.

Per sviluppare il progetto utilizzerò una piattaforma tecnologica innovativa che permette di comparare e integrare informazioni sul funzionamento del cervello provenienti da due specie, quella umana e quella murina. Condurrò infatti la fase uno dello studio nel Laboratorio di Neuroimmagini Funzionali di IIT coordinato da Alessandro Gozzi, dove è disponibile il più completo database a livello mondiale di risonanza magnetica funzionale condotta su modelli murini di grande rilevanza per l’autismo – raccolto in collaborazione con il Politecnico di Zurigo.

I modelli animali sono una fonte ricchissima di informazioni perché ci permettono di prendere una lente di ingrandimento e studiare più da vicino in laboratorio l’effetto di mutazioni che nell’uomo causano l’autismo e quindi di capirne i meccanismi. Svolgerò successivamente la fase due del progetto nel cuore di New York con Adriana Di Martino, direttrice del Centro per gli Studi sull’Autismo presso il Child Mind Institute di Manhattan.

Lo scopo sarà quello di stratificare i pazienti e valutare la rilevanza clinica dei risultati anche alla luce di altri deficit dello sviluppo che spesso accompagnano l’autismo. Al progetto parteciperà anche Michael Lombardo, da poco arrivato dell’Istituto Italiano di Tecnologia ed esperto in analisi quantitative avanzate applicate ai disturbi del neurosviluppo.

Uno dei punti di forza princiali del progetto è di essere altamente multidisciplinare, fattore determinante che ci permetterà di trovare la “firma biologica” che ogni sotto-tipo di autismo scrive nelle connessioni cerebrali. I primi risultati sono attesi già per il 2020.

 

 

 

L'opinione

6 Luglio 2014

Carissimo Vitale,

ho visto il sito, che mi piace molto, sia nella veste grafica sia nei contenuti. Consulterò di sicuro periodicamente, tra le altre, la parte ControInformazione, dove ho ritrovato temi che mi interessano in modo particolare (dai costi dei beni comuni alla catastrofe ambientale di Taranto, per troppo tempo ignorata anche da buona parte della sinistra ....).

La presenza non solo di argomenti legati all'autismo mi sembra un valore aggiunto.

Ho visto poi il video e la lettera che ha scritto quasi 20 anni fa e non posso che registrare che la stessa lettera e le stesse espressioni di sdegno potrebbero essere scritte ed espresse oggi per le tante situazioni in cui le cose sono rimaste quelle di allora.
Sono però - o almeno voglio essere - ottimista e credo che qualcosa è cambiato, anche se il cambiamento è a macchia di leopardo e ancora lontano dall'obiettivo, che non dobbiamo mai stancarci di perseguire, dell'estensione reale a tutti dei diritti all'istruzione, alla salute, all'autodeterminazione. Denuncio in tutte le occasioni, nella mia posizione - certo più "comoda" - di operatore, questa negazione di diritti delle persone con autismo, tuttavia voglio anche continuare a mostrare che un'altra strada è possibile, che si può fare meglio e di più, in parte con le stesse risorse di oggi, in parte mettendo sul serio al centro dell'agenda politica (in modo concreto) il tema dei diritti di tutti coloro che lottano quotidianamente per ottenerne il rispetto.

Bello vedere Gabriele come turista nel video sul viaggio!

Un caro saluto e grazie per le finestre sul mondo che il suo sito ci apre.

Maurizio Arduino

Condividi su

FacebookTwitterGoogle BookmarksLinkedin