CONCLUSIONI

Emerge da queste pagine un forte bisogno di formazione. Non una formazione costosa ed elitaria ma sistematica, pubblica, e aperta a tutti.

E’ auspicabile che l’università si impegni a fornire formazione specialistica continua sull’handicap per i medici, per gli insegnanti, per i genitori. Gli enti locali devono attivarsi nella stessa direzione.

Si avverte il bisogno che gli obiettivi raggiunti siano continuamente spostati in avanti, si aprano a nuove sfide, utilizzando e coinvolgendo tutte le risorse integrate con la scuola, anche quelle di enti e istituzioni del privato-sociale con esperienze pluriennali e competenze specifiche nel settore.

Sottolineano I. Basso e R. Lucioni che “riflettere oggi sull’autismo non è solo indagare sulle disabilità, bensì capire di essere di fronte ad una persona, perché anche la somma di tutte le disabilità non può essere considerata “perdita di personalità”. Se ci fermiamo a considerare il “mancante”, usiamo un criterio quantitativo, che appartiene al computo di oggetti ma che è assolutamente inaccettabile se riferito agli esseri umani. Solo attraverso criteri qualitativi, viceversa, è possibile distinguere tra salute e malattia. Abituarsi a vedere la sofferenza senza reagire, a guardare la miseria senza attivarsi per sconfiggerla non è meno autistico del comportamento di un bambino che presenta questa disabilità”.

Si tratta di creare, allora, le pari opportunità dei cittadini come condizione essenziale per lo sviluppo complessivo della società, che non può e non deve sprecare la ricchezza che ogni persona possiede e che può manifestare solo se vi è un ambiente favorevole alla sua espressione.

[…] In questo consiste la sfida dell’integrazione, nel dimostrare l’educabilità di tutti, la possibilità di apprendere per tutti senza porre limiti in anticipo a nessuno... [G. Vitale]


 

Condividi su

FacebookTwitterGoogle BookmarksLinkedin