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Mio figlio è autistico

Scritto da Super User. Postato in Libri

Un padre racconta la relazione delicata con un figlio autistico, Francesco, che vorrebbe condurre verso un'autonomia difficile da raggiungere.

Chiede aiuto ai familiari, ai vicini, alle associazioni, alle strutture preposte, e troppe volte non l'ottiene. Talvolta fa da scherno l'invisibilità degli interlocutori, altre una certa presunzione di quanti tendono a promuovere anzitutto se stessi. Può accadere addirittura che lo strumento che dovrebbe sollevarlo da un compito così improbo finisca col colpevolizzarlo!

Il libro non è una denuncia, perché è un atto d'amore verso Francesco, ha però il merito di rivelare una società, la nostra, dalle alte dichiarazioni e dalle modeste realizzazioni.

Una vicenda umana carica di intensa passione civile, in cui l'esperienza di Francesco è rivisitata con pudore e senza inibizioni. Vi si colgono l'angoscia, il tormento, la rabbia, persino la rassegnazione... Ma anche la voglia e il bisogno - nonostante tutto - di ribellarsi e lottare, con fatica e grandissima dignità.

Un racconto che rivela che siamo fatti male. Ma anche che si può e si deve cambiare.

 


Ecco un libro che fa riflettere. Un libro mai lacrimevole, ma pieno di verità, che racconta la storia di un giovane con autismo, simile a quella di tanti ragazzi con autismo, per i quali momenti di serenità per un traguardo raggiunto si alternano a periodi pieni di angoscia. Non ci sono miracoli da raccontare, ma c’è qualcosa di molto importante: il fatto che l’autore sia un insegnante, e quindi un educatore di professione, gli permette di giudicare con lucidità e competenza quanto succede intorno al figlio, di fare critiche e di dare suggerimenti, di esigere con consapevolezza quanto è suo diritto ottenere: il libro diventa così un utilissimo strumento su cui po amo imparare sia noi genitori, che gli operatori che hanno in cura i nostri figli. Ma la piacevolezza di lettura fa sì che sia un libro in cui tutti possono trovare spunti interessanti e di grande respiro.

 

Liana Baroni
Presidente Angsa Onlus 


Ho deciso di recensire questo libro perché l’Autore è riuscito con semplicità, chiarezza e passione a portare il lettore nel “mondo” dell’autismo. Con un scrittura appassionante  e priva di retorica, egli (o nome e cognome) ci porta per mano a comprenderne la complessità e le difficoltà senza pietismo ma, al contrario, con uno sguardo di speranza al futuro.

Questo libro può essere considerato un lavoro utile per far comprendere a tutti, anche a chi non ha figli o persone care disabili, l’importanza dell’integrazione sociale delle persone autistiche, ed il contributo che possono dare alla società se messe in condizione di farlo.
In tal senso appare di fondamentale importanza la definizione  ed attuazione di un programma educativo pensato per le esigenze di quel particolare individuo, e della collaborazione che è importante vi sia tra la famiglia e l’eventuale struttura che ospita la persona autistica.
Da ogni pagina traspare l’amore di un padre per suo figlio, un padre che non si arrende alle difficoltà e lotta affinché il suo Francesco abbia una vita più autonoma e piena possibile. E’ un libro che non vuole dare risposte, ma piuttosto suggerire una riflessione su alcuni temi delicati che fanno parte della vita di chi è autistico, quali l’ eventuale scelta di un tutore o la sessualità.
Il messaggio finale che sembra giungere è che, nonostante le problematicità di varia natura che le persone autistiche e le loro famiglie affrontano quotidianamente e nel corso degli anni, è possibile mantenere la fiducia, la speranza e la volontà di lottare e di crescere assieme al proprio figlio autistico, dandogli amore e ricevendone altrettanto in cambio.
Nel modo di vedere comune le persone con autismo e i loro genitori sono considerate un problema per la collettività e un costo per la società. La testimonianza di Gianfranco Vitale costituisce invece un esempio di come tali persone siano invece una ricchezza e una lezione di vita per tutti coloro i quali credono di essere normali in un mondo in cui la NORMALITA’ E’ SOLO UNA COMODA E FACILE ASTRAZIONE PER FARCI SENTIRE “AL POSTO GIUSTO”. Magari, citando e parafrasando G. Gaber per far finta di essere “sani/normali”.

 

Lucio Moderato

Psicologo – Psicoterapeuta

 


Quel particolare insieme di libri sull’autismo che è il gruppo dei libri scritti da genitori si arricchisce continuamente di nuove opere. Sono opere in cui solitamente prevale l’aspetto della testimonianza, con un risvolto affettivo molto marcato, sia che si ponga l’accento sulle sofferenze e sulle difficoltà, sia che si voglia enfatizzare l’affetto che il genitore nutre per il figlio disabile, fino a  giungere in certi casi a considerare la disabilità del figlio un dono del cielo, uno strumento della propria auto-realizzazione. Si tratta dunque di un gruppo molto eterogeneo, sia dal punto di vista della qualità della scrittura, sia da quello della natura della testimonianza resa, sia infine da quello della competenza sull’autismo in generale posseduta dagli autori. L’ultimo libro di Gianfranco Vitale, Mio figlio è autistico (Vannini 2013), all’interno del gruppo in questione occupa un luogo eminente. Il libro è una testimonianza ampia, sostenuta da un patrimonio di conoscenza, esperienza e riflessione accumulato nel corso dei trent’anni di vita del figlio, Francesco, che insieme al padre è il protagonista della vicenda. E non è una testimonianza come tante, perché Vitale si confronta con le strutture sociosanitarie e i loro deficit culturali sull’autismo, con le associazioni e le loro prassi (o disprassie), con le cooperative e le comunità: insomma, con tutto il milieu che ben conoscono i genitori di una persona con autismo che passa attraverso l’infanzia, l’adolescenza e la prima età adulta, imbattendosi in una serie di crescenti incomprensioni del suo modo di essere e delle sue esigenze, per arrivare a sperimentare una vera e propria negazione della sua vita, come dice il sottotitolo del libro. È anche una testimonianza che manifesta una buona qualità narrativa, tanto da risultare una sorta di romanzo-verità.

 Il libro pone una questione radicale. Quando, infatti, si può dire che una vita umana sia negata? Può essere negata come pura e semplice vita, quando l’essere umano viene ucciso, ma può essere negata anche come umana, quando viene privata di ciò che rende umana una vita, ad esempio eliminandovi qualsiasi traccia, anche la minima, di esperienza della libertà. Può essere negata come umana anche mediante il non riconoscimento delle esigenze singolari connesse ad un modo di essere dell’umano, di questo concreto essere umano, il non riconoscimento della sua specificità irriducibile, dei suoi codici e delle sue limitazioni essenziali.  Questo è il tipo di negazione della vita che hanno subito e continuano a subire, giunte all’età adulta, molte delle persone cui è stata applicata l’etichetta dell’autismo. Soprattutto quelle che appaiono più gravi, che hanno un ritardo cognitivo, che non parlano o presentano forti limitazioni nel linguaggio, che manifestano problemi comportamentali e non sono in grado di vivere negli ambienti sociali consueti, e meno che mai di condurre una vita indipendente. Rinchiusi negli istituti, senza spazi adeguati e possibilità di movimento, e senza stimoli che li aiutino ad uscire dalle loro stereotipie, costoro vegetano in uno stato di sedazione permanente, mentre i loro organismi devono smaltire dosi quotidiane di farmaci di ogni genere. Finiscono per vivere una vita larvale, spettrale, priva di dignità e di senso. Quella del senso, della sua attribuzione e condivisione, che nell’autismo è il problema fondamentale, nelle istituzioni che si occupano di autismo rimane una domanda che non solo non trova una risposta, ma che non viene neppure adeguatamente formulata. Questo anche per il semplice fatto che le istituzioni che si occupano di persone con autismo hanno dell’oggetto della loro attenzione, cioè dell’autismo stesso, una conoscenza superficiale, precaria, e qualche volta del tutto priva di fondamenti.

Quello di Vitale è il libro di un padre. Qui, a differenza di quel che avviene nella maggior parte delle famiglie in cui entra l’autismo, è la madre ad essere latitante, ad essere inadeguata anzitutto davanti alla necessità di comprendere l’autismo del figlio, e quindi il figlio stesso. Il padre qui prende sulle spalle il figlio – è l’inverso di Enea -, ma il suo lungo cammino non sembra godere della protezione di una dea. Una fatica immane, con momenti di felicità, ma soprattutto con grandi angosce, sofferenze e incomprensioni da parte di chi dovrebbe comprendere e aiutare. Il messaggio infine è chiaro: anche a parità di risorse impiegate, la vita dei soggetti autistici potrebbe essere molto più umana e ricca di senso se la conoscenza dell’autismo in coloro che operano, a tutti i livelli, con le persone con autismo fosse maggiore. Se non si coglie l’autismo dall’interno, ogni sforzo sarà vano, e le vite delle persone con autismo continueranno ad essere negate. Quella del libro di Vitale è una grande lezione, che dovrebbe essere fatta ampiamente conoscere.

 

 Fabio Brotto

Presidente Autismo Treviso Onlus

  


Un altro libro sull’autismo. Scritto da un genitore. Un’altra testimonianza di vite sofferte.

Questo libro è qualcosa di diverso, di più. La testimonianza c’è, ed è forte e sovente prende allo stomaco, ma l’Autore, che sulla sua esperienza di padre separato che si trova a dover gestire, quasi sempre in solitudine, il carico di un figlio autistico che cresce, e da ragazzo diventa adulto, ha già scritto, ci offre anche e soprattutto uno strumento di riflessione sulle barriere che si alzano non solo attorno alla persona affetta dalla sindrome ma anche a chi se ne occupa e vorrebbe garantire, a lui e a sé stesso, una vita dignitosa e magari qualche momento di serenità. Una testimonianza asciutta e dura, ma molto lucida e fondata.

Il tema centrale è quello di cosa si fa per gli autistici adulti, e della conseguente risposta che in molti casi si da’, drammaticamente significativa: l’istituzionalizzazione.
La scelta di accettare che il proprio figlio, non più bambino o adolescente, passi buona parte della sua vita in una struttura (che nome, dal suono tecnico ma gelido) è sovente obbligata, quando la famiglia, in molti casi indebolita dalla tensioni e incomprensioni che affrontare un dramma di queste dimensioni comporta, non ne regge il peso. Ma questa scelta è anche, sovente, accompagnata da un inziale senso di fiducia verso le istituzioni, che dovrebbero (potrebbero?) farsi carico di ciò che per i singoli è troppo difficile: progettare un percorso non solo di contenimento e si potrebbe dire guardiania, ma anche educativo, che consenta una crescita della persona autistica a partire dai suoi limiti, che sono biologici ma sono anche segnati dalle relazioni, positive o negative, con gli altri umani.
Invece spesso succede che queste speranze siano frustrate, e che ad esse subentri la disperazione o la passiva rassegnazione.
Vitale analizza, a partire dal proprio vissuto, i limiti dell’approccio delle comunità residenziali, troppo spesso vincolate alla scarsità di mezzi e risorse, al di là della buona volontà dei singoli operatori. Mette però in chiaro come non sia tutto scontato, e che in molti casi manchi anche la volontà di fare quello che si potrebbe. Uno dei nodi affrontati dal libro è la generale carenza di piani abilitativi razionali e organici: la difficoltà di educatori e medici a confrontarsi e a costruire un progetto comune; il rinchiudersi di ciascuno nel proprio ruolo e nel proprio specialismo, come se il problema fosse semplicemente tecnico, e non ci fosse in ballo il futuro di un essere umano. L’approccio farmacologico, assolutamente necessario, non tiene in molti casi conto delle reazioni della persona, del contesto in cui vive, della necessità di monitoraggio e adattamento continui. La disponibilità di una notevole e continuamente crescente mole di conoscenze scientifiche non si traduce in migliore capacità di intervento, anche con approcci specifici alle varie forme che assume quello che viene definito lo “spettro dei disordini autistici”. E così il genitore si trova sovente di fronte ad un dialogo fra sordi, ad una sequela di atti burocratici, di decisioni prese senza sufficiente informazione su chi le deve subire, e senza quella comunicazione con genitori e operatori che potrebbe fornire strumenti di intervento meno violenti e devastanti.
E la risposta è spesso simmetrica: il libro parla, con grande sofferenza e lucidità, della violenza che la persona autistica può esercitare su di sé e su chi gli sta intorno, quando non vede via d’uscita alla propria infelicità. Perché questo avviene? Perché un padre deve portare a lungo, forse per sempre, i segni di queste crisi? E’ tutto inevitabile e la soluzione sta solo nella sedazione?
Vitale/Virglio ci accompagna in un viaggio nei vari gironi di quell’inferno che si chiama autismo. Non ci fa prendere scorciatoie, né propone miracolose soluzioni. Prova a proporre e riproporre, caparbiamente, quel qualcosa in più che si potrebbe fare, quell’attenzione che sovente manca. Non è un libro facile, ma molto, molto utile.

Davide Lovisolo

Docente Politecnico di Torino