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SANITÀ, lo scandalo delle terapie oncologiche innovative

fonte www.controlacrisi.org

Difendersi dai tumori? E’ possibile solo se hai il portafoglio gonfio oppure hai la fortuna di risiedere in una regione che, “per grazia ricevuta”, ti concede una cura efficace. Una situazione talmente odiosa che a protestare sono addirittura i medici oncologi.

La legge n.189 dell'8 novembre 2012 (ex 'decreto Balduzzi') prevede, in attesa della negoziazione della rimborsabilità e del prezzo, l'inserimento automatico di farmaci innovativi, già autorizzati in Europa, in una apposita fascia denominata fascia 'Cnn', ovvero fascia 'C non negoziata'". Si tratta di farmaci disponibili in commercio e prescrivibili in Italia, ma non a carico del Ssn. E questo crea una vistosa ingiustizia. Le "inaccettabili disparità di accesso", così scrivono i medici, ai farmaci anticancro innovativi "violano il diritto alla salute dei pazienti. I tempi previsti per rendere disponibili queste terapie non sono rispettati". In una lettera indirizzata al ministro della Salute Beatrice Lorenzin, di intervenire con urgenza per risolvere questi problemi. Altrimenti, di fronte a "una situazione che sta creando gravi problemi etici e di salute", Aiom (Associazione italiana di oncologia medica) e Cipomo (Collegio italiano dei primari oncologi medici ospedalieri) sono pronti a ricorrere alla Consulta.

"Per questo, secondo Cascinu e Fasola, "nel periodo in cui i farmaci permangono in tale fascia la disponibilità è più teorica che reale, in quanto legata all'eventuale acquisto del farmaco da parte di ciascuna singola azienda ospedaliera o di ciascuna Regione. Questo crea una situazione di inaccettabile disparità tra pazienti, e, soprattutto, non risolve il problema del ritardo di accesso a farmaci di provata efficacia". Gli oncologi hanno da tempo sollevato il problema: "Con una lettera aperta inviata al ministro della Salute il 5 luglio 2013, Aiom sottolineava le criticità di tale norma, chiedendo un intervento urgente per emendare quell'aspetto del decreto Balduzzi'', si ricorda

"Qualche giorno dopo - sottolineano Cascinu e Fasola nella lettera -Aiom e Cipomo esprimevano apprezzamento per il provvedimento del Governo, che prevede che l'Aifa sia tenuta a esaminare il dossier e chiudere l'iter per l'immissione dei farmaci nel prontuario del Servizio sanitario nazionale entro 100 giorni dall'immissione del farmaco in commercio a pagamento. Questo limite temporale però nei fatti non è rispettato e il problema appare tutt'altro che risolto: a oggi, infatti, permangono in fascia Cnn numerosi farmaci oncologici, per molti dei quali la tempistica di negoziazione si protrae ormai da molti mesi".

A questo punto gli oncologi chiedono un intervento urgente della Lorenzin, per tutelare il diritto alla salute dei pazienti: altrimenti, "in caso di persistenza di questo stato di potenziale discriminazione - concludono Cascinu e Fasola - valuteremo l'ipotesi di ricorrere alla Corte costituzionale".

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Le "pretese" di noi disabili

Ho avuto il piacere di conoscere recentemente Noria Nalli, la giornalista de La Stampa che cura la rubrica "Ritratti di corsia". Una storia difficile la sua, diventata ora anche un libro. Dal blog "blog.vita.it" ho estratto questo post che giudico molto vero prima ancora che molto interessante. (G. V)

Noi disabili siamo vissuti come un problema dalla società. È una triste ed innegabile realtà. Siamo così “impertinenti” da riuscire a scombussolare anni di abitudini consolidate. Prendiamo ad esempio gli scalini all’entrata dei negozi. Sono così graziosi e decorativi e noi pretendiamo pure che vengano tolti o dotati di scivolo, per poter entrare con i nostri ausili: una pretesa davvero incredibile!

Il mio tono è provocatorio, ma questo modo di pensare continua ad esistere. Non parliamo poi di quello che vivono i genitori dei ragazzini disabili. Lo abbiamo visto dalla cronaca di Torino di questi giorni. Persino un centro estivo salesiano ha rifiutato l’iscrizione di un bambino con problemi di apprendimento. “Non siamo attrezzati” la risposta semplicistica che è stata data. Non c’erano educatori formati per seguire le problematiche del disagio. E si: noi creiamo sempre problemi!

È forse retorico ripetere che chi si occupa di minori a livello educativo dovrebbe prevedere la presenza di personale preparato ad accogliere e compredere anche il disagio. Pensare che a Torino esiste da anni l’associazione Baby-Xitter, è il primo servizio in Italia di baby-sitter a domicilio per bambini disabili. La “x” indica il possesso di un requisito, di una risorsa in più. Al costo di una normale baby-sitter – sette o otto euro l’ora – le famiglie che diventano socie possono usufruire di una persona specializzata e di fiducia che segua i loro bambini. L’associazione seleziona e forma persone già con esperienza nel settore, cui fa seguire corsi tenuti da medici specialisti, in modo che siano preparati ad ogni situazione e tiene corsi anche per tutti gli educatori che vogliano conoscere i problemi della disabilità. Il prossimo anno il centro salesiano potrebbe informarsi su www.baby-xitter.org

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ISTAT: "Povertà assoluta per 10 milioni di italiani. Il 10% della popolazione"

da Redazione Il Fatto Quotidiano, 14 luglio 2014

Peggiora la situazione al Mezzogiorno, dove si passa dal 9 al 12% di persone in difficoltà. Male anche per le famiglie con quattro figli e per gli anziani, soprattutto se vivono in coppia. L'Istituto di ricerca: "Un italiano su dieci non riesce ad avere una vita dignitosa" 725 mila persone in più,

Sono oltre 6 milioni i poveri in Italia. E’ quanto emerge nell’ultimo report dell’Istat che classifica circa il 10% della popolazione come poveri assoluti, ovvero coloro che “non riescono ad acquistare beni e servizi per una vita dignitosa”. Se al conteggio si uniscono le persone che vivono in condizioni di povertà relativa, si arriva al 16,6% della popolazione, ovvero circa 10 milioni e 48 mila italiani. 

L’Istituto di statistica conferma quanto era stato rilevato dalla Caritas, che aveva già raccontato quando la situazione stesse peggiorando al centro nord, nelle famiglie con due figli e tra gli under 35. Secondo l’organismo della Cei: “Gli 80 euro di Renzi hanno avuto effetti ridotti, mentre gli aiuti dei Comuni sono diminuiti del 6%”. La proposta è quindi “dare a tutti un reddito d’inclusione sociale”.

Sempre secondo l’Istat, tra il 2012 e il 2013 l’incidenza di povertà relativa tra le famiglie è rimasta stabile, fermandosi attorno al 12,7%. Peccato che l’incidenza di povertà assoluta sia aumentata, soprattutto al Sud. Nel Mezzogiorno, infatti, sono diventate povere 725 mila persone in più, passato da 2,3 milioni nel 2013 a più di 3 milioni lo scorso anno. 

Le dinamiche della povertà relativa confermano alcuni dei peggioramenti osservati per la povertà assoluta, è spiegato nel rapporto. Peggiora la condizione delle famiglie con quattro (dal 18,1 al 21,7%) e cinque o più componenti (dal 30,2 al 34,6%), in particolare quella delle coppie con due figli (dal 17,4 al 20,4%), soprattutto se minori (dal 20,1 al 23,1%). Situazione di crollo anche per l’oltre un milione di minorenni incapaci di “avere una vita dignitosa” e per i quasi 900mila gli anziani, soprattutto se vivono in coppia.

Dato controcorrente, il miglioramento della condizione dei single nel Nord Italia, la cui incidenza passa dal 2,6 all’1,1%, anche se viene segnalato come questi mono nuclei restino indipendenti invece di far nascere nuove giovani famiglie, soprattutto se under 35. Nel Mezzogiorno, invece, migliora la condizione delle coppie con un solo figlio (dal 31,3 al 26,9%). Positivo anche il rapporto per le realtà con a capo un dirigente o un impiegato (dal 16,4 al 13,6%), che tuttavia rimangono su livelli di incidenza superiori a quelli osservati nel 2011.

La crisi, però, non ha colpito tutti i territori nello stesso modo: per Il Sole 24 Ore, alcune province più di altre hanno sofferto, registrando nel 2013 vistosi arretramenti rispetto al 2007. Negli ultimi sette anni, come emerso dalla classifica stilata dal quotidiano economico, ad aver sofferto maggiormente della crisi sono state le province di Lazio e Piemonte. Sul podio delle province dove la crisi ha colpito di più troviamo Viterbo, Latina e Novara, mentre sul versante opposto chi ha resistito meglio sono state Vicenza, Bolzano e Modena, ma anche Milano sembra aver tenuto bene alla crisi. La classifica è stata messa a punto sulla base di dieci indicatori, fra i quali figurano disoccupazione, valore degli immobili, prestiti, spesa per i medicinali e quantità di rifiuti prodotti.

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La città bianca

«The white town» del fotografo Tommaso Ausili. Un documento su Casale Monferrato, resa bianca dalle fuoriuscite dello stabilimento Eternit che ha sparso per anni su persone e cose un'enorme quantità di polvere di amianto.

Vincitore del Premio L'Anello Debole

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Spesa per disabilità: Italia in fondo alla classifica UE

Fonte http://www.fishonlus.it/

Arriva dall’ISTAT il sigillo ufficiale sul disastroso stato delle politiche per l’inclusione e la disabilità in Italia su cui da anni FISH chiede un intervento radicale e di sistema.” Questo il commento a caldo di Vincenzo Falabella, Presidente della Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap, a margine della pubblicazione del rapporto annuale 2014 ISTAT sulla situazione del Paese.

I dati più preoccupanti si leggono nel quarto capitolo del Rapporto che ci offre uno spaccato delle condizioni di vita delle famiglie e delle politiche di welfare del nostro Paese.  

Tra i 28 Stati membri dell’UE, l’Italia è settima per la spesa in protezione sociale che comprende la spesa in Sanità, Previdenza e Assistenza. Nel 2011, l’Italia ha destinato per questa funzione il 29,7% del proprio Prodotto Interno Lordo, valore al di sopra della media europea, pari al 29% del PIL. Sembra una buona notizia ma questa settima posizione è caratterizzata da forti disomogeneità rispetto alle voci di spesa: in pensioni di anzianità e vecchiaia se ne va il 52% contro la media europea del 39,9 e pone l’Italia in cima alla classifica.

Il nostro Paese è invece penultimo per la voce “Famiglia, maternità e infanzia” con il 4,8% (la media europea è l’8%). Tradotto: 1,4 del PIL.

Va molto male per la spesa destinata alle persone con disabilità. Nel 2011, è stata pari in Italia al 5,8% della spesa complessiva in protezione sociale, a fronte del 7,7% della media europea. Si tratta di pensioni di invalidità, contributi per favorire l’inserimento lavorativo, servizi finalizzati all’assistenza e all’inclusione sociale e strutture residenziali. Questo ci colloca tra i Paesi con le percentuali più basse di spesa destinata alla disabilità. A spendere percentualmente meno dell’Italia sono solo Grecia, Irlanda, Malta e Cipro. Prestazioni che pesano solo per l’1,7% sul nostro Prodotto Interno Lordo.

Di questa percentuale l’1 per cento è destinato alle provvidenze (pensioni e indennità) per l’invalidità civile e solo lo 0,7 del PIL è destinato ai servizi per l’inclusione sociale o per strutture residenziali.

I dati di raffronto con l’Europa si sommano a quelli drammatici sull’impoverimento e sulla fortissima sperequazione fra Nord e Sud del Paese. Solo per citarne uno, nell’area disabilità le differenze territoriali risultano insostenibili: mediamente un Cittadino con disabilità residente al Nord-Est usufruisce di servizi e interventi per una spesa annua pari a 5.370 euro, contro i 777 euro del Sud. La FISH entra nel dettaglio dell’analisi dei dati nel proprio sito www.condicio.it

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