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"Datemi della cicciona, ma non della blasfema"

Divampa la polemica. «Un’obesa nuda che calpesta le immagini di Gesù Cristo e della Vergine Maria: ecco la nuova frontiera dell’arte omosessuale che il Comune di Torino ha ritenuto di voler promuovere con il patrocinio della Città e, chissà, magari anche con finanziamenti. Le lobby gay non pensino di godere di una licenza di offendere la sensibilità altrui, soprattutto quella cristiana in un momento storico di feroci e cruente persecuzioni subite per la fede in quelle immagini sacre così oltraggiate dalla cosiddetta arte lgbt! Esigiamo l’immediato ritiro del patrocinio comunale da questa porcheria e le scuse pubbliche del sindaco Fassino per questo scivolone imperdonabile!». A difendere manifesto e patrocinio, il radicale prestato al Pd, Silvio Viale: «Polemiche pretestuose, è arte, non vilipendio».  
fonte lastampa.it   Massimimiliano Peggio
 
Morena Romani, la modella “over size” della contestata locandina Lgbte: “Sono sempre stata derisa, con l’arte sono riuscita a battere la depressione.
 

Morena ha posato per il manifesto che annuncia la mostra che apre l’8 settembre all’ex Manifattura Tabacchi: «Sono credente, non pensavo di scatenare questa bufera»

«Chiunque si adira con il proprio fratello sarà sottoposto a giudizio». Così insegnava Gesù ai suoi discepoli, mettendoli in guardia da uno dei peggiori vizi capitali. Certo, spiegava loro la legge di Dio, non come affrontare provocazioni artistiche. Ma di ira, per lo più politica, ne ha suscitata parecchia l’immagine di Morena Romani, modella «over size» mantovana, ritratta dal fotografo Mauro Pinotti nella locandina che annuncia la mostra torinese sui sette vizi capitali dal titolo «L’Internazionale d’Arte LGBTE - La Grande Battaglia Trova Esito», organizzata dall’Associazione Koinè in collaborazione con la Fondazione Artevision, che si aprirà l’8 settembre nell’ex Manifattura Tabacchi. 
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Testamento biologico, ecco perché è un diritto

fonte cronachelaiche.globalist.it

Ad avviare il complesso dibattito riguardante il testamento biologico (alias "Dichiarazione anticipata di trattamento") è stato il caso di Eluana Englaro. Eluana, ragazza in stato vegetativo permanente da 17 anni a causa di un incidente stradale, è alla fine deceduta per sospensione della nutrizione artificiale. Tale decisione era stata da lei ripetutamente comunicata preventivamente e in piena salute al padre Beppino, qualora le fosse successo di cadere in coma irreversibile. Altre vicende altrettanto note e drammatiche sono quelle che hanno riguardato pazienti in condizioni di estrema sofferenza ma ancora vigili come L. Coscioni, PG Welby, G. Nuvoli, e P. Ravasin, tutti accomunati dal desiderio di porre fine ad una vita ritenuta ormai insopportabile.

Tra tutte queste inumane vicende una delle più sconvolgenti (ma fare una graduatoria è davvero crudele e impossibile) è quella di Giovanni Nuvoli. Dopo ripetute suppliche di Nuvoli, pienamente cosciente e dopo visite multidisciplinari favorevoli ad accogliere il suo desiderio di porre fine ad una situazione insostenibile, l'anestesista Tommaso Ciacca accetta la responsabilità di staccare il respiratore dopo aver sedato il paziente come da sua precisa richiesta. Ma non può farlo perché viene bloccato dalle forze dell'ordine attivate dalla Procura di Sassari. Così Nuvoli, come Welby tenuto in vita contro la sua volontà da un respiratore, avendo già da giorni rifiutato cibo e liquidi e soffrendo come non avrebbe voluto fino all'ultimo istante, morirà di fame e di sete. 

Questioni così delicate e dolorose hanno sollevato e ancora sollevano ciclicamente sui giornali e in televisione un'accesa discussione giuridica, filosofica, religiosa e politica. Nucleo peculiare del dibattito è se una alimentazione artificiale può essere considerata nutrizione tout court o invece atto terapeutico, una cura. Questa distinzione è inevitabilmente diventata cruciale anche nel produrre una normativa che a molti sembra ancora davvero incongrua. 

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8 Agosto 1956, l'eccidio nella miniera di Marcinelle. Ieri in Italia quattro morti sul lavoro

fonte www.controlacrisi.org

L'8 agosto del 1956, alle 8,10 del mattino, nella miniera di carbone di Marcinelle, in Belgio, una gabbia parte dal punto d'invio 975 del pozzo d'estrazione con un vagoncino male agganciato. Ha inizio la tragedia che vedrà la morte di 262 minatori su 274 presenti, 136 dei quali italiani, 95 belgi, 8 polacchi, 6 greci, 5 tedeschi, 5 francesi, 3 ungheresi, un inglese, un olandese, un russo e un ucraino. Soltanto 13 superstiti vengono tirati fuori il primo giorno. L'interminabile attesa dei familiari continua in ogni modo fino al 22 agosto, quando i soccorritori pronunciano le fatidiche parole "Tutti cadaveri".

Questa, invece, la tragica lista di ieri, 7 agosto: tre uomini folgorati e uno schiacciato da una pressa. 

Carlo Silvi, dipendente di Acam Ambiente, e' morto nel pomeriggio dopo essere stato schiacciato da un costipatore della spazzatura. L'incidente e' avvenuto a Sarzana. L'uomo, dipendente della multiutility che si occupa dello smaltimento dei rifiuti, stava scaricando carta e cartone da un piccolo mezzo di servizio ad un mezzo piu' grande. Secondo una prima ricostruzione dei fatti, l'uomo avrebbe tentato di liberare la pressa del mezzo piu' piccolo, forse inceppatasi, rimanendo schiacciato all'altezza del torace. Nonostante le manovre rianimatorie del 118, l'uomo e' morto sul posto.

Un imprenditore edile di 46 anni, Francesco Vinci, e' morto sempre nel pomeriggio dopo essere stato investito da una scarica elettrica dell'alta tensione mentre stava lavorando con una gru. L'incidente si e' verificato in contrada Piana, alla periferia di Buccheri, piccolo centro della fascia montana della provincia di Siracusa ad una cinquantina di chilometri dal capoluogo. Secondo la prima ricostruzione dei carabinieri, l'uomo - che e' morto sul colpo - stava manovrando il braccio di una gru quando avrebbe urtato i fili dell'alta tensione. Il sindaco di Buccheri, Alessandro Caiazzo, ha proclamato il lutto cittadino nella giornata dei funerali.

Un operaio macedone di 42 anni e' morto anche lui folgorato mentre lavorava all'interno di un'azienda a Saline di Volterra (Pisa). E' La vittima, Dzevdet Ferati, stava lavorando allo stabilimento della salina. L'uomo e' morto sul colpo ed inutile e' stato fare intervenire l'elisoccorso.

Ancora una forte scarica elettrica, la causa della morte di un dipendente Enel, Matteo Luca Zenari, in forza all'unità operativa di Finale Ligure, zona di Savona, mentre lavorava in una serra agricola a Loano. L'uomo stava sostituendo un contatore dell'energia quando è stato investito da una scarica elettrica.

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2 Agosto 1980, a Bologna fu strage

Sono trascorsi trentaquattro anni dal 2 agosto 1980 quando alla Stazione di Bologna, alle ore 10,25, una valigia, lasciata nella sala d’aspetto di seconda classe, contenente venti chili di esplosivo militare gelatinato Coupound B, esplose sbriciolando la sala, sfondando quella di prima classe, due vagoni del treno proveniente da Basilea diretto ad Ancona e il bar-ristorante. Una grande onda anomala travolse bambini, donne e uomini, riversandosi in più punti: verso la piazza, verso il primo binario, nel sottopassaggio. In pochi secondi 85 furono le vittime e 207 i feriti di cui 70 con invalidità permanente. Furono Giuseppe Valerio Fioravanti, Francesca Mambro e Luigi Ciavardini, terroristi neofascisti appartenenti ai Nar, a mettere la bomba all’interno della Stazione.

In questi giorni la procura di Bologna ha chiesto l’archiviazione per la “pista palestinese”, considerata alternativa a quella neofascista, uno dei tanti tentativi di depistaggio, i magistrati bolognesi hanno anche decretato l’inesistenza del così detto “lodo Moro”, presunto accordo con i palestinesi, la cui violazione avrebbe portato alla vendetta consumata con la strage. Il 2 agosto per i famigliari delle vittime di tutte le stragi e per i bolognesi è la giornata della memoria, per non dimenticare, quest’anno cade di sabato come allora. Per gli italiani era l’inizio delle ferie, finalmente un giorno sereno in un anno segnato da una lunga striscia di sangue: il 6 gennaio fu assassinato il presidente della Regione Sicilia Piersanti Mattarella, i sospetti del giudice Falcone caddero sul terrorista nero Fioravanti, riconosciuto dalla moglie di Mattarella, in macchina con il marito nel momento dell’omicidio. Le prove non furono sufficienti per incriminarlo, ma il dubbio, nonostante le condanne definitive a Riina, Greco, Brusca, Provenzano Calò Madonia e Geraci, rimane perché la presenza a Palermo di Fioravanti e Mambro fu accertata già allora: i due terroristi erano a casa di Francesco Mangiameli, dirigente del movimento neofascista Terza posizione con Roberto Fiore, Gabriele Adinolfi e Giuseppe Dimitri. Mangiameli qualche mese dopo fu ucciso dallo stesso Fioravanti.

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ESSERE UN UN INSEGNANTE GAY: TESTIMONIANZA

fonte 27esimaora.corriere.it  

23 luglio, Corinna De Cesare

La cosa che fa più male, spiega, è la finzione. Essere costretto a mentire mentre gli altri colleghi parlano apertamente di famiglia, figli, vacanze in coppia. «Arrivare da solo alle feste di fine anno scolastico come se fossi single» costretto a indossare una maschera fatta di scuse, bugie e sorrisini di fronte alle facce che «ti osservano e chiedono tutte le volte: ma come mai, un bel ragazzo come te, ancora single?». In realtà questo ragazzo alto, bruno e gli occhi scuri che chiameremo Luca, 34 anni, da 7 insegnante di tecnologia in una scuola paritaria cattolica di Roma, single non lo è da un pezzo. Con lui vive sotto lo stesso tetto da più di tre anni il suo compagno Andrea, cuoco di un ristorante vegetariano del quartiere Prati. Si amano da quell’incontro sei anni fa vicino al Colosseo, una sera d’estate, amici comuni, primi sms e appuntamenti comuni a una coppia qualunque. Ma le suore questo non devono saperlo. «Quando mi hanno assunto, oltre al contratto a tempo indeterminato mi hanno fatto firmare un foglio in cui mi chiedevano di condividere il loro progetto educativo basato su valori cattolici. Non si scendeva nel particolare ovvio, ma il riferimento era chiaro». Perché, anche se di orientamento sessuale, divorzio o convivenza non si è mai discusso apertamente «l’impostazione è quella che conosciamo tutti – continua Luca spiegando nel dettaglio con un esempio -. Ogni anno i miei studenti fanno degli incontri con le autorità ecclesiastiche in alcune giornate dedicate alla catechesi e io resto sbigottito di fronte a quello che le mie orecchie sono costrette a sentire. Puntualmente in queste occasioni, quando l’argomento di dibattito vira sull’orientamento sessuale, sento parlare di omosessualità come una malattia. ‘I gay devono provare a curarsi o praticare l’astinenza’ ha detto un alto prelato a questi ragazzi più di una volta. Al secondo anno consecutivo che sentivo queste idiozie sono andato nell’ufficio della vicepreside: queste affermazioni sono poco educative e devianti per gli studenti». E lei? «E la madre superiora mi ha dato ragione».

La situazione insomma nell’istituto paritario di Luca è leggermente diversa dalla scuola cattolica di Trento dove una professoressa lesbica è stata cacciata per il suo orientamento sessuale. Un caso su cui il ministro dell’Istruzione Stefania Giannini ha promesso un’attenta verifica («Lo valuteremo con la massima rapidità»).

«È una discriminazione inconcepibile – commenta Luca, riconoscendo che un problema, nelle scuole paritarie c’è eccome -. Un mio collega gay di un’altra scuola paritaria la vive davvero male. Io gli ripeto sempre che la dottrina cattolica non ammette neanche convivenza, divorzio: che fanno, licenziano tutti i professori separati o conviventi?».

Di sentimenti, visto che è anche di questo che si sta parlando, Luca ne prova moltissimi. «Soprattutto rabbia – puntualizza -. I miei colleghi sanno di me, conoscono il mio compagno, andiamo a cena insieme, si scherza e si ride ma con le suore vige una regola molto precisa: occhio non vede e cuore non duole. Loro non sanno o se sanno fanno finta di niente. Io da parte mia non provo neanche rancore o mortificazione. Solo rabbia per questa maschera che sono costretto a portare tutti i giorni e che non mi fa essere me stesso al cento per cento. L’atmosfera nella mia scuola è diversa da quella di Trento, ma chi mi dice che quello che è successo lì non possa ripetersi?». Da qui la decisione di usare un nome inventato, falsando dati e luoghi riconoscibili.

«Quando sono a scuola e nel parlare di cose quotidiane che mi accadono nella vita di tutti i giorni mi scappa un ‘noi’, mi fermo e ricomincio. Faccio un respiro profondo, penso ad Andrea e fantastico su una futura cena di fine anno scolastico finalmente accompagnato da lui. Ti immagini la faccia delle suore?".

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