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MORTI BIANCHE, CHIUDE L'OSSERVATORIO CREATO DOPO LA TRAGEDIA THYSSENKRUPP: "SOLO INDIFFERENZA"

27 Ottobre, fonte superabile.it

Per 6 anni, il fondatore Carlo Soricelli, ex operaio in pensione, ha portato alla luce il mondo ‘sommerso' delle morti sul lavoro, rivelando l'incompletezza dei dati ufficiali. A fine dicembre però smette. Continuerà a raccontare il disagio sociale con i suoi dipinti

Era nato dopo la tragedia dei 7 operai della ThyssenKrupp di Torino per raccontare che in Italia si muore di lavoro ogni giorno. Era, perché l'Osservatorio indipendente sui morti sul lavoro, creato da Carlo Soricelli, artista ed ex operaio oggi in pensione, chiuderà a fine dicembre. "Ho deciso di non continuare più il lavoro di ricerca e pubblicazione dei dati, perché sono stanco dell'indifferenza della politica e della classe dirigente di questo Paese, verso questo dramma sociale. A fine anno smetto". Per 6 anni Carlo ha parlato con persone e istituti di ricerca, ha raccolto i dati, li ha aggregati e ha portato alla luce un mondo sommerso sulle "morti bianche" che molte volte non emerge dai rapporti ufficiali. "L'Inail dà i dati solo sui suoi assicurati - dice Carlo - ma molti lavoratori non hanno un'assicurazione, e se muoiono o subiscono un infortunio non risultano da nessuna parte". Rispetto a quanto riportato dalle statistiche ufficiali, che dal 2008 parlano di un calo, per l'Osservatorio la situazione è differente segnalando come invece i morti siano aumentati anche rispetto alla perdita dei posti di lavoro dovuti alla crisi. Dall'inizio dell'anno, per l'Osservatorio, sui luoghi di lavoro sono stati 532 i morti, contro i 473 del 2013 con un aumento dell'11,1 per cento. E con un incremento rispetto allo stesso periodo del 2008 del 2,3 per cento. "Credo sia un dovere approfondire questi aspetti, ma ci vuole qualcuno che sia in grado di ascoltare e ricercare una soluzione. E oggi non vedo nessuno in grado di farlo. Queste tragedie richiedono un'attenzione anche sul piano culturale".

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IRAN, REYHANEH È STATA IMPICCATA

26 Ottobre, fonte famigliacristiana.it

Chi sperava che dopo l'elezione di Hassan Rouhani si fermasse l'ondata di condanne è costretto purtroppo a ricredersi. In Iran continuano ad un ritmo vergognoso le esecuzioni capitali: dall'inizio del 2014 ad oggi sono state giustiziate circa 250 persone (dati Onu) dopo che il 2013 aveva fatto registrare il più alto incremento di esecuzioni a livello mondiale. 

L'ultima ad essere uccisa è stata Reyhaneh Jabbari, una giovane donna condannata a morte nel 2009 per avere ucciso l'uomo che tentava di stuprarla. Inutile la mobilitazione internazionale per salvarla, che ha visto in prima linea Amnesty International e anche un appello di papa Francesco
Venerdì la madre aveva lanciato un ultimo appello disperato: «Intervenite al più presto - aveva detto Sholeh Pakravan - fate qualcosa per salvare la vita di mia figlia». 

Reyhaneh, 26 anni, era stata arrestata nel 2007 per l'omicidio di Morteza Abdolali Sarbandi, un ex dipendente dell'intelligence di Teheran, che l'avrebbe attirata nel suo appartamento con la scusa di offrirle un incarico e poi avrebbe tentato di abusare di lei. Nel 2009 il tribunale aveva deciso la condanna a morte. Il relatore dell'Alto commissariato per i diritti umani dell'Onu aveva denunciato che il processo era stato viziato da molte irregolarità e non aveva tenuto conto che si era trattato di legittima difesa di fronte a un tentativo di stupro.

 

Il 30 settembre scorso la madre della ragazza aveva lanciato un appello anche alle autorità italiane per la salvezza della figlia. All'appello avevano risposto il ministro degli EsteriFederica Mogherini e altre autorità politiche e religiose. Una campagna per salvarla era stata lanciata su Facebook e Twitter il mese scorso e, in un primo momento, sembrava che avesse portato a una sospensione temporanea dell'esecuzione. 

Il perdono della famiglia della vittima avrebbe salvato Reyhaneh dalla forca, ma il figlio dell'uomo ha chiesto che la ragazza negasse di aver subito un tentativo di stupro e lei si è sempre rifiutata di farlo. All’esecuzione erano presenti i genitori di Reyhaneh e il figlio della vittima che, secondo quanto riferito da fonti della famiglia della giovane, avrebbe tolto lo sgabello da sotto i piedi della ragazza. 

La maggior parte delle condanne capitali sono state eseguite in Iran per il reato d'omicidio.Nella legge  iraniana, infatti, l'omicidio è condannato  con la Qisas, una sorta di legge del taglione secondo cui sono i familiari delle vittime a decidere se condannare a morte o perdonare l'accusato.

 
 
 
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Manovra: disabilità, le parole e i fatti

21 Ottobre, Il Fatto Quotidiano, Toni Noccchetti

Adesso è tutto più chiaro. Purtroppo. Durante la scoppiettante presentazione della manovra di stabilità, lo ammetto, ho sperato di trovare nascosta tra le righe colorate, qualche parolina che potesse fugare i miei dubbi. 
Ho cercato di immaginare quanto nelle giornate precedenti il lavoro di Renzi e del suo staff di governo fosse stato difficile e quanto potesse/dovesse tenere in considerazione lo stato di abbandono della disabilità nel nostro Paese.

Ricordavo le parole confortanti che l’on. Davide Faraone (responsabile nazionale welfare e scuola del Pd) aveva pronunciato nel mese di giugno a Napoli sulla opportunità che sul sostegno al fondo della non autosufficienza (da lui definito “ridicolo”) a quello delle politiche sociali il governo avrebbe dato dei segnali chiari.

“Misurateci sui fatti” , ripetè l’on. Faraone più volte. E’ proprio quello che, sgomento, sto facendo.

Conosco da anni la sensibilità di alcuni parlamentari del Pd e non sono incline a considerare, fino a prova contraria, i politici tutti uguali. Qualche piccola inquietudine la avevo ma da sempre mi esercito a difendere sempre la buona fede altrui. Si tratta di uno sforzo che appresi da ragazzo da un amico sacerdote che mi esortava sempre ad essere intransigente con me stesso e misericordioso con gli altri.

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Perché i diritti non sono un lusso in tempo di crisi

20 Ottobre,  fonte "la Repubblica", Stefano Rodotà

Nel 1872, a Vienna, comparve un piccolo classico del liberalismo giuridico, La lotta per il diritto di Rudolf von Jhering, che Benedetto Croce volle fosse ripubblicato quasi come un anticorpo negli anni del fascismo. Oggi è più giusto parlare di lotta per i diritti, che si dirama dalla difesa dei diritti sociali fino alle proteste dei giovani di Hong Kong, e che può essere sintetizzata con le parole di Hannah Arendt, "il diritto di avere diritti", ricordate su questo giornale con diverso spirito da Alain Touraine e Giancarlo Bosetti (e che ho adoperato come titolo di un mio libro due anni fa).
Ma, per evitare che quella citazione divenga poco più che uno slogan, bisogna ricordarla nella sua interezza: "Il diritto ad avere diritti, o il diritto di ogni individuo ad appartenere all'umanità, dovrebbe essere garantito dall'umanità stessa". Così la fondazione dei diritti si fa assai impegnativa, esige una vera "politica dell'umanità", l'opposto di quella "politica del disgusto" di cui ci ha parlato Martha Nussbaum a proposito delle discriminazioni degli omosessuali, ma che ritroviamo in troppi casi di rifiuto dell'altro.

Quella del riconoscimento dei diritti è un'antica promessa. La ritroviamo all'origine della civiltà giuridica quando nel 1215, nella Magna Carta, Giovanni Senza Terra dice: "Non metteremo la mano su di te". È l'habeas corpus , il riconoscimento della libertà personale inviolabile, con la rinuncia del sovrano a esercitare un potere arbitrario sul corpo delle persone. Da quel lontano inizio si avvia un faticoso cammino, fitto di negazioni e contraddizioni, che approderà a quella che Norberto Bobbio ha chiamato "l'età dei diritti", alle dichiarazioni dei diritti che alla fine del Settecento si avranno sulle due sponde del "lago Atlantico", negli Stati Uniti e in Francia. È davvero una nuova stagione, che sarà scandita dal succedersi di diverse "generazioni" di diritti: civili, politici, sociali, legati all'innovazione scientifica e tecnologica. Saranno le costituzioni del Novecento ad attribuire ai diritti una rilevanza sempre maggiore. Ed è opportuno ricordare che le più significative innovazioni costituzionali del secondo dopoguerra si colgono nelle costituzioni dei "vinti", l'italiana del 1948 e la tedesca del 1949, che non si aprono con i riferimenti alla libertà e all'eguaglianza. Nella prima il riferimento iniziale è il lavoro, nella seconda la dignità. Si incontrano così le condizioni materiali del vivere e la sottrazione dell'umano a qualsiasi potere esterno.
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LA DISABILITÀ IMPOVERISCE: IL 50% DELLE FAMIGLIE HA GRAVI DISAGI ECONOMICI

16 Ottobre, fonte superabile.it

"Almeno il 50% delle famiglie con disabilità è a rischio povertà. Ma è un dato sottostimato": a parlare è Vincenzo Falabella, presidente della Fish, che il 17 ottobre sarà a piazza Montecitorio, con le associazioni della federazione, per la Giornata mondiale per l'eliminazione della povertà. L'Istat, invece, non ha dati aggiornati sul rischio impoverimento di queste famiglia: l'ultimo disponibile è l'elaborazione che ha fornito lo scorso anno, su dati relativi al periodo 2004-2011: tratti dall'indagine Eusilc sulle condizioni di vita degli italiani, quei dati parlavano di un 21% delle famiglie con componenti disabili a rischio povertà.

Il problema, però, secondo la Fish e "secondo le denunce e le segnalazioni che riceviamo dalle famiglie, è molto più esteso: il primo fattore di impoverimento è la consistente spesa per l'assistenza, dovuta all'insufficienza della risposta sociale da parte delle istituzioni. Ecco perché una famiglia con un componente disabile ha una forte tendenza all'impoverimento, che poi significa marginalità e perfino segregazione. Da anni stiamo evidenziando questo dato - ricorda Falabella - e ora torniamo a chiedere a istituzioni e ministri competenti un'attenzione particolare alle persone disabili e alle loro famiglie". Un'attenzione che, a quanto pare, "inizia a manifestarsi, vista la richiesta, da parte del sottosegretario Biondelli e del ministro Poletti, di inserire in Finanziaria una programmazione triennale del Fondo per la non autosufficienza e di quello per le Politiche sociali. Una simile programmazione - aggiunge Falabella - garantirebbe politiche sociali e inclusive più degne, una risposta sociale più adeguata ai bisogni e un intervento immediato verso le persone e le famiglie con disabilità". Tra le richieste concrete che, in questa occasione, Fish rinnova al governo, c'è poi quella di "colmare la grande disparità tra nord e sud nelle politiche sociali: attualmente, nelle regioni settentrionali c'è una spesa sociale pro-capite di circa 5.500 euro, al sud di 750 euro. Chiediamo quindi che anche le politiche sociali, come quelle sanitarie, siano svincolate dai canoni del patto di stabilità". 

In piazza Montecitorio, il 17 ottobre, ci sarà anche il Comitato 16 novembre, con i malati di Sla e le loro famiglie. "Vogliamo accollarci, forse pretestuosamente, tutti i disabili gravissimi d'Italia, che sono i nuovi poveri - riferisce la portavoce, Mariangela Lamanna - La disabilità gravissima è spesso causa di impoverimento e la maggior parte delle nostre famiglie vivono, oltre al disagio fisico e sociale, anche quello economico. Gli interventi di sostegno che, con fatica, stiamo ripristinando, come l'assegno di cura , non bastano a garantire un'assistenza e una vita dignitosa a questi malati. Le famiglie si indebitano per pagare la badante che ha imparato a conoscere e curare il proprio caro e che sarebbe difficile sostituire. Eppure, i governi continuano a penalizzare queste famiglie, per esempio con il nuovo Isee. Saremo in piazza, il 17, per ricordare a tutti che esistiamo e che vogliamo uscire da questo stato di povertà". La disabilità, specialmente quella grave, "costa cara - spiega Lamanna - Basti pensare che quasi tutte le nostre famiglie tengono riscaldata solo la stanza della persona malata, lasciando al gelo il resto della casa. Il bonus elettrico è una miseria e le spese per la corrente sono insostenibili, anche tanti farmaci e integratori fondamentali ci sono stati tolti, lesinano perfino sui sondini per l'aspirazione in trachea! Le nostre famiglie non hanno bisogno di docce gelati e gesti eclatanti: chi sta chiuso in casa chiede solo un'assistenza seria e concreta. E di una ricerca scientifica che non sia frutto di beneficienza, ma di un impegno di governo".

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