23 Luglio, fonte invisibili.corriere.it Antonio Giuseppe Malafarina
Ci sono lutti che ti toccano da vicino. La scomparsa del papà di Leo strazia il cuore di chi scrive e ci tira in ballo tutti quando egli dice: «Ora, a parte che ci mancherà per sempre il suo bene, il suo affetto e la sua presenza, non so bene se e come io e mamma riusciremo a cavarcela». Leo è un orfano di Stato, come è probabile che sarà un giorno, o forse l’istante successivo alla conclusione di questa frase, chi scrive.
Leonardo Tencati, classe ’71, spiritoso e battagliero, dal 1986 costretto a muoversi in carrozzina. Sì, costretto, termine errato per il buon giornalismo, perché Leo con l’uso delle sue gambe era più libero. Un tuffo sbagliato nelle acque dei Caraibi, la paralisi, la crisi respiratoria durante il viaggio di rientro in Italia su un aereo specializzato ed il ripiego in Canada. Finalmente la patria, il Niguarda, la riabilitazione in Germania, il liceo a Milano dove non gli permettono d’installare un montascale neanche a proprie spese e allora issato da mamma Marisa su per le scale… l’università che non decolla e barriere onnipresenti. È una disfatta sociale sentirgli dire: «Mi sono ritrovato chiuso in casa coi miei familiari dalla mattina alla sera tutti i giorni per anni, senza amicizie e senza nessuno scopo, anni bui e solitari, Internet non c’era ancora… poi nel 1995 sono arrivati windows95 e Internet e da lì è andata leggermente meglio, il buio è stato meno buio, una speranza si è accesa».
Dov’era il sostegno statale che avrebbe dovuto demolire quelle barriere? E dov’erano gli amici? Il volontariato, splendida risorsa del nostro bel Paese? Insomma, dove eravamo noi? C’era solo la sua famiglia.
Più tardi arriva qualche lavoretto, qualche amico e l’impegno sociale. Leo si batte per il diritto alla Vita indipendente, la possibilità di vivere autonomamente dai suoi, col sostegno dello Stato, in ottemperanza all’art. 19 della convenzione Onu sui diritti delle persone con disabilità. Chiede un contributo per poter essere assistito in autonomia ma lo Stato giudica che non sussistano i requisiti necessari. Leonardo appare una persona ricca. In verità è una persona con una famiglia attorno che se ne sobbarca le difficoltà con tanto sudore e cercando di mettere da parte un gruzzolo che servirà quando essa non ci sarà più. Il patrimonio di una persona con disabilità grave o gravissima non è ricchezza, è un’assicurazione sulla vita. E, coerentemente, lo Stato tassa anche quella…
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21 Luglio, fonte linkiesta.it, Lidia Baratta
Pochi posti e vicino al finestrino per chi ha mobilità ridotta, facoltà di rifiutarli a bordo, ironie fuori luogo: forse è ora di cambiare rotta
Volo low cost Brindisi-Milano. A salire per ultima è una signora in carrozzina, immobilizzata dalla vita in giù, e in evidente sovrappeso. L’assistente aeroportuale la accompagna fin dentro la cabina. E lì la signora scopre che il suo posto è quello accanto al finestrino. Inutile dire alla hostess che lei lì in fondo, con gli spazi ridotti ai minimi sindacali delle compagnie low cost, ha difficoltà ad arrivare, nonostante l'assistenza. Deve scavalcare ben tre sedili. La hostess risponde che non può farci niente, che è il «regolamento» che assegna alle persone con disabilità i posti accanto al finestrino «per ragioni di sicurezza». Quindi o arriva (a fatica) fino all’ultimo posto della fila, o scende dall’aereo.
Spulciando i regolamenti e le disposizioni nazionali e comunitarie, si scopre, purtroppo, che è tutto vero: i disabili che vogliano viaggiare in aereo hanno un certo numero di posti a disposizione per velivolo, e preferibilmente quelli dal lato finestrino, in modo che in caso di emergenza non ostacolino la fuga o le manovre di salvataggio. Per le stesse ragioni altre compagnie riservano invece i posti in coda, in fondo all’aereo. Darwinismo applicato ai cieli.
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