La disabilità è come un tratto di mare: lo si può guardare dalla spiaggia, nuotare, fare snorkeling o immergersi. È sempre lo stesso tratto di mare, ma cambia il paesaggio, il modo di viverlo e le emozioni che si possono provare. Così è la disabilità. Accompagnarsi al suo mondo dà valore ad ogni cosa e porta a comprendere che ogni superficialità ha una sua profondità. Dipende da noi, scoprire le profondità della vita, o vivere nella superficialità dell’essere.
È passato mezzo secolo e più dal tempo dei “matti”, “subnormali”, “storpi” e “mutilati”, relegati in manicomi, in strutture speciali, in laboratori e reparti protetti, o ai margini della società. Culturalmente abbiamo fatto un buon tratto di strada, ma quanta ne avremmo potuto fare se non avessimo ascoltato le sirene della società dei consumi, delle apparenze, delle connessioni online, dell’arido e perdente individualismo che ha caratterizzato gli ultimi decenni?