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Immigrazione

I rifugiati sono 51 milioni (dati Onu). La metà sono bambini

L’effimero e ipo­crita «mai più» dopo l’ecatombe di Lam­pe­dusa del 3 otto­bre 2013 si è sco­lo­rato ormai fino a can­cel­larsi. Al punto che nel giorno dell’ennesima strage — 30 morti asfis­siati — nel Canale di Sici­lia, con involontario senso dell’umorismo nero il «nostro» Renzi c’invita all’euforia: anche noi dovremmo pro­vare un bri­vido di pia­cere per essere chia­mati (noi?) a rea­liz­zare il sogno degli Stati Uniti d’Europa.

Non com­muove più, nean­che per un giorno, la teo­ria quasi quo­ti­diana dei cada­veri resti­tuiti dal Medi­ter­ra­neo o persi nei suoi abissi. Oppure, come quest’ultima volta, intrap­po­lati in imbar­ca­zioni troppo angu­ste per con­te­nere tutta l’ansia di sal­vezza di esseri umani tra­volti dal disor­dine mon­diale, spesso pro­vo­cato o favo­rito dalle grandi potenze. Quel disor­dine ha costretto ben 51 milioni di per­sone(un dato della fine del 2013) a fug­gire da con­flitti armati o altre gravi crisi, come ha ricor­dato l’Agenzia per i rifu­giati delle Nazioni Unite.
Que­sta cifra, la più alta dalla fine della Seconda guerra mon­diale, è costi­tuita per la metà da bambini. Ma nep­pure il loro numero cre­scente, fra sal­vati e som­mersi, muove a com­pas­sione col­let­tiva, tale da farsi indi­gna­zione pub­blica e pro­te­sta orga­niz­zata, di dimen­sione e forza continentali, con­tro la for­tezza euro­pea. Nep­pure le ini­zia­tive di movi­mento, corag­giose ma ancora sporadiche - come la recente Free­dom March di rifu­giati e migranti, che, con il No Bor­ders Train, ha vio­lato le fron­tiere per giun­gere a Bru­xel­les - ce la fanno a com­pe­tere col mare d’indifferenza che riduce que­sta tra­ge­dia a vile com­puto di salme o la volge a pro­prio van­tag­gio poli­tico. Che sia l’ondata nera di par­titi che in tutt’Europa s’ingrassano di risen­ti­mento e xeno­fo­bia o la reto­rica dei Renzi e degli Alfano con­tro l’Unione euro­pea cinica e bara, «che ci lascia soli e lascia morire le madri con i bambini».

Intanto Alfano lascia morire di dispe­ra­zione una madre strap­pata ai cin­que figli, quat­tro dei quali mino­renni, per essere ristretta in un Cie e poi «rim­pa­triata» - lei apo­lide, in Ita­lia da vent’anni - in una «patria», la Mace­do­nia, di cui non è cit­ta­dina.
Anche noi, ridotti all’impotenza, ricor­riamo alle cifre per ten­tare di scuo­tere qual­che coscienza mostrando la dimen­sione mostruosa dell’ecatombe.

Mal­grado Mare Nostrum, in que­sti primi cin­que mesi del 2014, quasi quat­tro­cento sono probabilmente i morti di fron­tiera nell’area del Medi­ter­ra­neo.

Ed essi vanno ad aggiun­gersi ai ven­ti­mila cada­veri con­teg­giati approssimativamente dal 1988 a oggi. Ridotti ogni volta a com­pu­tare i morti, quando dovrebbe bastare un solo cada­vere di bam­bino a susci­tare com­mo­zione, indi­gna­zione e rivolta, nean­che noi siamo inno­centi, noi che almeno ci osti­niamo a denun­ciare la strage.

Ma la nostra denun­cia è impo­tente a scuo­tere per­fino la sini­stra poli­tica ita­liana detta radi­cale, che sem­bra aver deru­bri­cato a fac­cenda minore, da dele­gare a qual­che specialista o a qual­che fissato/a, una que­stione che invece è il senso (o uno dei sensi cru­ciali) dell’Unione euro­pea oggi.

La quale col­tiva l’illusione che il pro­prio sovra­na­zio­na­li­smo, esem­plar­mente rappresentato dalla for­tezza in cui pre­tende di bar­ri­carsi e da Fron­tex, che ne è il brac­cio armato, possa con­tra­stare i razionalismi, anche aggres­sivi, nomi­nati con l’etichetta eufe­mi­stica di euro­scet­ti­ci­smo, che vanno raf­for­zan­dosi per rea­zione agli effetti sociali disa­strosi della crisi eco­no­mica e delle poli­ti­che di austerità.

È da molti anni che le asso­cia­zioni per la difesa dei migranti e dei rifu­giati pro­pon­gono un pro­gramma – razio­nale, arti­co­lato, per­fino rea­li­stico, non­ché aggior­nato di volta in volta - per cam­biare il segno delle poli­ti­che ita­liane ed euro­pee su immi­gra­zione e asilo.

Per par­lare solo dei rifu­giati, si dovrebbe almeno rifor­mare radi­cal­mente Dublino III, che impe­di­sce ai richie­denti asilo i movi­menti interni al territorio dell’Ue; soprat­tutto, come rac­co­manda lo stesso Commissariato Onu per i rifugiati-Unhcr, creare cor­ri­doi uma­ni­tari e garan­tire l’effettivo eser­ci­zio del diritto d’asilo in tutti i paesi di tran­sito, «con ade­guate garan­zie di assi­stenza e pro­te­zione per chi è in fuga da guerre e persecuzioni».

Non sono i pro­grammi a man­care, dun­que, bensì la volontà poli­tica di uscire da quel para­digma nefa­sto che con­cede ai capi­tali il mas­simo di libertà di circolazione - e di domi­nio sulle nostre vite - negan­dola alle vite, ancor più irri­le­vanti, dei dan­nati della terra.

Annamaria Rivera – il manifesto – 1 Luglio

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