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Troppi anziani soli. E la Sanità non aiuta chi è in difficoltà

fonte "La Stampa"

Il terzo omicidio-suicidio in poco più di un mese. Le associazioni: poco impegno nel garantire le cure

 
 

 

Le calle e i biglietti lasciati da vicini e conoscenti all’ingresso della palazzina in cui i due anziani coniugi si sono tolti la vita

 
 
 
 

 

Davanti al civico 12 di via Signorini qualcuno ha lasciato delle calle bianche e due biglietti a forma di farfalla. Nessuna frase di condoglianze, solo due nomi: Luciana e Norberto. «Appena ho saputo mi è venuto in mente quello che diceva mio padre», racconta una vicina che si stringe nelle spalle mentre gli occhi si velano di lacrime. «Quando la mamma si è ammalata di Alzheimer lui si è pentito di aver restituito la pistola in caserma. Avrebbe voluto farla finita, per entrambi, non ce la faceva più a vederla soffrire. Sono cose che si capiscono solo se si provano sulla propria pelle. Non si può giudicare».

MANO NELLA MANO  

Luciana Savonitto e Norberto Ranauro erano sposati da 60 anni, una vita insieme. «Erano innamoratissimi, li vedevi sempre mano nella mano - racconta la signora Gaia Giovanni, che abita al piano rialzato di questa palazzina Anni 60 con la facciata in paramano -. Una coppia talmente bella da fare invidia». Ma negli ultimi tempi lei - 77 anni, ex sarta di moda e poi dipendente Fiat - era sempre più malata e fragile. Un calvario che il marito - 80 anni, venditore di arredi in pensione con la passione per il nuoto - ha vissuto con dignità, senza mai lasciare trapelare segnali di disperazione. Due mesi fa Luciana si era rotta il femore, l’avevano mandata al Giovanni Bosco e poi nella Rsa di via Botticelli. «Lui andava a trovarla due volte al giorno, a pranzo e cena per assicurarsi che mangiasse», racconta ancora la signora del piano rialzato. «Giovedì mi ha detto che la dimettevano dalla struttura. Sembrava sereno come sempre. Mi ha detto: la porto a casa, me ne occupo io, non la manderò in altre case di riposo». Parole che adesso lasciano pensare a una decisione già maturata e irrevocabile. Al fratello David e alla cognata il signor Ranauro aveva confessato le preoccupazioni per una situazione che non era più in grado di gestire. «Non so se riuscirò ancora ad accudirla», aveva detto loro.  

OPPOSIZIONE ALLE DIMISSIONI  

Per Maria Grazia Breda, presidente della Fondazione promozione sociale onlus, che da anni si occupa di difendere i diritti delle famiglie degli anziani non autosufficienti si tratta «dell’ennesima eutanasia da abbandono: la legge prevede che chi è in difficoltà venga aiutato, anche attraverso lo strumento dell’opposizione alle dimissioni. Bastano tre raccomandate per chiedere la prosecuzione delle cure, ma le persone sono poco informate e spesso chi ha il dovere di rendere noti i diritti preferisce tacere», attacca. Nel mirino ci sono le dimissioni, considerate troppo affrettate. «Si continua a pensare che la malattia sia un dramma personale e si dimentica che la sanità pubblica ha il dovere di garantire le cure e non lasciare sole le persone in situazioni di grave sofferenza». 

LA CLINICA DELLA MEMORIA  

Di fronte al terzo caso di omicidio-suicidio in poche settimane, interviene anche don Mario Foradini, parroco di San Secondo, ideatore oltre 17 anni fa della Clinica della Memoria, il grande istituto di Collegno da 60 posti letto e 40 in day hospital, pronto ma mai inaugurato per mancanza di finanziamenti risolutivi. Da allora tante persone con un famigliare colpito dalla malattia lo cercano, chiedono consigli. «La parrocchia è un centralino. In un caso sono intervenuto io pesantemente con una segnalazione perché la famiglia non ce la faceva più. Ogni malato necessita di tre persone sulle 24 ore. Se si pensa di risolvere la situazione con una badante, dico che è impossibile: non si può mollare un minuto, è devastante per la persona malata, e per chi le sta accanto».  

Lo sapeva bene Norberto, che a Pasqua ha regalato le uova di cioccolato ai figli dei vicini. «Gli erano affezionati, lo chiamavano nonno». Rassicurava tutti, e intanto si preparava a esplodere tre colpi con la sua beretta regolarmente denunciata: uno alla moglie, uno al gatto e l’ultimo verso se stesso.