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Scelgo di votare NO

 

Voterò NO, al referendum del 4 dicembre, innanzitutto perché non condivido il merito della riforma costituzionale (come mi sforzerò di dimostrare più avanti) e poi perché trovo inaccettabile che un leader politico, Matteo Renzi, pensi ogni volta che l’autorevolezza del suo governo debba passare necessariamente per la divisione del Paese, per quella del partito di cui è segretario, per lo scontro permanente con tutti i soggetti che sono stati, e sono, parte fondamentale della storia della sinistra italiana (dal sindacato, CGIL e FIOM in particolare, all’ANPI ecc). Io credo che, in questo modo, la vera rottamazione messa in campo da Renzi sia stata quella dei valori più che degli uomini, a abbia avuto l’effetto dirompente di spaccare non solo la sinistra politica  ma – cosa ancora più grave – quello di lacerare il tessuto sociale del Paese, grazie all’approvazione di provvedimenti iniqui (vedi soppressione dell’art. 18, Jobs Act, buona scuola, decreto “salvabanche”ecc) e velleitari (si pensi alla cosiddetta riforma della Pubblica Amministrazione, clamorosamente bocciata dalla Corte Costituzionale), che hanno duramente aggravato le già difficili condizioni di vita del lavoratori e dei ceti più deboli della popolazione (precari, disoccupati, giovani, donne, senza dimenticare i disabili e le loro famiglie).

Una deriva di destra che minaccia la democrazia del nostro paese, anche grazie alla disinformazione e alla censura dei media, in cui l’immagine onnipresente, auto-elogiativa e aggressiva con tutti i dissenzienti, del premier, contrasta con gli imbarazzanti silenzi sulle contestazioni e mobilitazioni di piazza. Di questa deriva è proprio la controriforma Boschi che rappresenta la massima espressione, perché sottrae i già ridotti poteri di scelta alla gente comune e allarga a dismisura quelli delle segreterie dei partiti.

Non annoierò troppo chi legge con questioni tecniche, che rientrano più nel politichese e meno, assai meno, tra i bisogni prioritari di larga parte della popolazione, che ogni giorno fa i conti con salari e pensioni del tutto inadeguate a fronteggiare il costo della vita (4 milioni di persone sono sotto la soglia di povertà!), al di là della promessa di bonus e marchette lobbistiche . Mi siano consentiti solo alcuni “piccoli” richiami al disegno di legge.

Il Senato, alla cui soppressione inneggiano i fautori del SI, mantiene in realtà competenze legislative importanti, quali – giusto per citarne alcune - la partecipazione alla formazione e attuazione delle politiche europee… Potrà legiferare in merito un sindaco eletto con competenze differenti? E i sindaci, se chiamati ad assolvere le funzioni di senatori, avranno il tempo per amministrare “anche” la loro città? E’ eticamente giusto che, insieme ai membri provenienti dalle Regioni, godano dell’immunità parlamentare?

Sullo stesso tema ricordo, poi, che l’articolo 70 riconosce addirittura al Senato, che sarebbe popolato da 100 senatori nominati e senza vincolo di mandato, il privilegio e l’onere di revisionare la Costituzione.

L’articolo 94 esclude quest'organo dal sistema fiduciario, senza che la riforma lo sostituisca con altri contrappesi. La fiducia al governo sarà concessa o revocata dalla sola Camera dei deputati, dove la maggioranza è in realtà una minoranza gonfiata dal premio abnorme dell’Italicum (chiaramente legato a doppio filo alla riforma costituzionale, di cui rappresenta il combinato disposto) con deputati che sono, allo stato delle cose, per il 60,8% nominati, cioè fedeli al loro capo partito, in quanto dipenderanno da lui per la loro elezione e rielezione.

Il testo prevede inoltre che rimangano in vita le Regioni a statuto speciale, da sempre fonte di sprechi e clientele: ciò è destinato a creare una evidente divaricazione di regole democratiche. Il sottosegretario Gozi in proposito ha candidamente dichiarato: “Se le avessimo indebolite, i senatori siciliani, sardi, trentini non ci avrebbero votato il testo”.

Quanto altro si potrebbe e si dovrebbe dire… Dai forti appesantimenti all’esercizio degli strumenti di democrazia diretta (l’articolo 71, comma 3, triplica il numero delle firme necessarie per le leggi di iniziativa popolare: si passerà da 50 mila a 150 mila. L’articolo 75, comma 4, per i referendum abrogativi riduce il quorum alla maggioranza dei votanti delle ultime elezioni solo se le firme raccolte da 500 mila raggiungono quota 800 mila), alle annotazioni negative riguardanti il cambiamento del Titolo V che, pur necessario, viene risolto lasciando molti ambiti a interpretazioni ambigue, destinate ad imporre inevitabilmente il contenzioso davanti alla Corte Costituzionale.

Il riferimento alle competenze centrali dettato da interessi nazionali e internazionali, come la strategicità di una infrastruttura, lascia aperta una discrezionalità governativa troppo ampia (l’articolo 117, comma 4, reintroduce infatti la “clausola di supremazia statale”, utilizzata in passato dallo Stato per vampirizzare le autonomie locali. Sulle grandi opere – Tav, gasdotto Tap, trivelle in mare, ponte sullo Stretto etc. – le Regioni non potranno più dire alcunché).

La definitiva soppressione delle Province, l’inserimento delle Città Metropolitane e la possibilità di affidarsi a “enti di area vasta”, non definiti dal testo nella loro composizione, dà corpo ad una struttura statale molto confusa. Eccetera eccetera eccetera…

A queste condizioni accusare di “conservatorismo” o (spregiativamente) di appartenenza ad una “accozzaglia” chi, opponendosi, vota NO a questo progetto è semplicemente pretestuoso: Renzi dovrebbe spiegarci se la “modernità” a cui allude, e alla quale dovremmo ispirarci, ha oggi i nomi e i volti di Verdini, Napolitano, Briatore, Marchionne , Visco (che “tempestivamente” dichiara che “Nella prima settimana di dicembre gli indicatori segnalano un forte aumento della volatilità attesa per il mercato italiano”) ecc, o piuttosto se questi “innovatori” sono solo funzionali alla creazione del fantomatico Partito della Nazione, destinato a nascere con l’avallo dei poteri forti, interni e internazionali.

Nella mia vita ho sempre duramente lottato - e come tanti pagato in prima persona - per l’affermazione di quei diritti primari (al lavoro, allo studio, alla casa, alla salute), che ogni giorno vengono massacrati da questo governo e da un partito di maggioranza, fintamente di sinistra ma oggettivamente espressione di una politica molto sbilanciata a destra, come dimostrano le analogie – in particolare - con il programma del governo Berlusconi (compreso il faraonico e odioso progetto del ponte sullo Stretto). Confesso, non essendo un ipocrita, che sarei molto felice se dopo la vittoria del NO (a mio parere tutta da conquistare, come quel manigoldo di Trump ci ha insegnato) questo esecutivo, presieduto – come dimenticarlo? - da chi non ha esitato “serenamente” a pugnalare alle spalle il suo compagno di partito Enrico Letta, eletto democraticamente in Parlamento a differenza sua, se ne andasse finalmente e definitivamente a casa.

Sarebbe stupendo non vedere più la faccia di Renzi nei Tg servili delle nostre televisioni, così come sarebbe bello non vedere le facce della signora Boschi, del signor Lotti, della signora Serracchiani, del signor Padoan, del signor Poletti e via “antipaticodicendo”…

Restituiamo la parola e la speranza alla gente!

                                                                                Gianfranco Vitale

                                                (cittadino qualunque, padre di un Uomo Autistico di 35 anni)