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Tra i simboli di guerra, metteteci anche un angelo negro

da Rosa Mauro ricevo e pubblico volentieri

Si, lo so, ho usato nel titolo la parola “negro”. Si, l’ho fatto apposta. Ho parafrasato una canzone di Fausto Leali, che ho amato alla follia e amo ancora. Anche perché, di angeli neri o negri, nelle opere, ancora non ne vedo. E nemmeno nei media.

Oh si, lo dicono che la guerra è anche in Nigeria… E dicono che Boko Aram rade al suolo almeno un villaggio al giorno… Però poi, non c’è un angelo negro tra i simboli che ci turbano. Ne abbiamo visti tanti, ma a simbolo di quella guerra, che unisce bianchi e scuri, ci abbiamo messo, morto, un bimbo bianco, e non uno nero. Il suo nome lo conoscete tutti, Aylan, e quanti nomi di bambini nigeriani morti nello stesso modo conoscete?

Quanti nomi conoscete dei tanti bambini africani di pelle scura morti nel viaggio, morti nelle pance delle loro madri? Conoscete per quanti di loro vi siete commossi? E’ stato quel bambino a smuovere le nostre coscienze, ma io sono rimasta personalmente ferita da una frase che è stata ripetuta dai più. “Potrebbe essere figlio mio!”

Potrebbe essere figlio tuo.. e i bambini neri non potrebbero esserlo, è chiaro. Non ci sentiamo i genitori di un bambino dalla pelle scura. Che muoia lo riteniamo quasi accettabile. Ma un bimbo che somiglia al mio, oh no. Quello lo voglio salvare, vero Angela Merkel? Vero, Inghilterra, che vuoi prendere solo 15.000 profughi, rigorosamente siriani, e andarteli pure a scegliere?

Non cominciate a accusarmi di cinismo o quant’altro. Nessuno è più felice di me dell’accoglienza ai siriani, sebbene veda anche i motivi meno nobili in tutto questo.

Noi europei siamo in declino, tra qualche anno non avremo la forza di difenderci da eventuali attacchi e sostenere la nostra economia: i profughi ci servono eccome. Ci servono come il pane, soprattutto se sono nemici dei nostri nemici, quell’ISIS che abbiamo contribuito a creare, proprio come la mamma passero fa con il cuculo che gli uccide i figli.

Però, ci sono profughi e profughi, e Angela vuole dare asilo illimitato SOLO ai profughi siriani. Hanno il giusto aspetto, il giusto colore. Spesso appartengono alla stessa classe sociale borghese dei paesi in cui vanno a vivere. Non sono disperati dei villaggi nigeriani, non sono Somali, Etiopi, Eritrei, cittadini centroafricani. Tutti alle prese con guerre più o meno sommerse, fame, povertà, malattie e morte magari violenta, a colpi di machete, magari desiderata dalle donne che, prima, devono subire l’oltraggio della violenza sessuale.

Quelli, sono profughi, di serie B, non li vuole nessuno, i loro nomi non si ricordano. Se vengono fotografati viene fatto in massa, perché sono notati solo se fanno numero, se muoiono in grandi quantità. Mi piacerebbe davvero credere al cuore grande dell’Europa, ma ci crederò quando vedrò ammessi con gli stessi diritti coloro che hanno la pelle scura, quegli angeli negri che non hanno l’onore degli altari, a meno che non diventino campioni di calcio o di atletica. Non prima.

Anche se sono felice per i Siriani, non posso non pensare che nascere con un colore o un altro non può fare la differenza. Non faccio del bene a te perché sei simile a me, dovrei farlo perché sei mio fratello, come me appartenente al genere umano e, se muori tu, muore un pezzo di me, anche se la tua pelle è scura. Anche se vieni da un villaggio della Nigeria e non da una città curda.

E quanto è profondamente ipocrita scegliere per quale guerra e quale rifugiato di guerra parteggiare… Ma crediamo davvero che la fame non sia una guerra, che la desertificazione che uccide non sia come una guerra o peggio, che una faida che continua da anni non sia più una guerra solo perché noi ce la siamo dimenticata?

Ogni giorno muoiono. con la nostra totale indifferenza se non complicità, decine di bambini, uomini e donne, che non mostra nessuno tranne quelli che lì ci lavorano da anni. Tranne quelli che, come me, hanno scelto di lavorare, sia pure da qui, per quella terra d’Africa da cui i nostri scuri antenati partirono, tanto tempo fa. E’ giusto esultare perché le macchine austriache vanno a prendere i rifugiati per portarli in Germania; sarebbe giusto esultare perché tutti i governi europei hanno deciso, tutti insieme, di debellare le guerre in Africa arrestando i trafficanti d’armi.

Stiamo salvando chi è arrivato qui… E chi non può partire? Ci pensate mai, a Quelli troppo poveri, troppo malati, troppo lontani per partire? Sembra che ci stiamo già rassegnando a lasciarli lì, Quelli, tanto non li vediamo. Se le donne e i bambini dei villaggi rasi al suolo non vengono mostrati, per noi è come se non esistessero. In fondo, non hanno un nome e non potrebbero essere nostri figli, nostri amici, nostri genitori… Almeno per chi di noi giudica in base al colore della pelle e sono ancora tanti.

Amo le favole, voglio credere alle favole, e nulla mi renderebbe più felice di dover dire un giorno: mi sono sbagliata e l’umanità sta davvero cambiando strada. Ma non basta una giornata felice a bordo di una macchina, da parte di un gruppo di fortunati sopravvissuti, a farmelo affermare.

Non abbassiamo la guardia: fare cambiare il mondo, e renderlo, se non giusto, almeno meno ingiusto, non è un compito che si esaurisce senza un mutamento profondo delle nostre coscienze e delle nostre società.

Quel cambiamento che avrebbe affiancato, ad Aylan, l’immagine di un angelo nero addormentato per sempre.