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Io, disabile umiliato e discriminato costretto a scendere da un taxi

La Stampa

Da vent’anni mi muovo su una sedia a rotelle. Per la prima volta in vita mia un tassista mi ha fatto scendere dalla sua vettura. Mi ha detto che lui non trasporta «noi» disabili. È accaduto venerdì sera, ero arrivato in treno a Verona da Roma per partecipare a un evento come presidente della Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap e della Federazione delle associazioni di persone con lesione al midollo spinale. Sceso dal treno, l’assistenza della Sala blu mi ha condotto alla pensilina dei taxi, dove avrei preso un mezzo per raggiungere il mio albergo. Pioveva. Sono salito su una vettura. Nel frattempo il tassista è sceso per vedere se avessi necessità con il bagaglio e si è accorto che sono in sedia a rotelle. Mi ha detto che sarei dovuto scendere dalla sua auto perché non prende a bordo persone nelle mie condizioni. Manco avessimo la peste.

Un brutto episodio discriminatorio, del quale sono stato mio malgrado protagonista. Il tassista ha aggiunto che per il trasporto di disabili ci sono delle auto apposite. Nel mio caso però non è necessario, posso tranquillamente salire su vetture normali. La mia carrozzina si piega ed entra in auto. Inoltre il suo mezzo era molto spazioso. Ho provato a spiegargli tutto questo, ha ribadito il concetto che sarei dovuto scendere, sottolineando a più riprese che l’auto è sua e decide lui chi trasportare.

Inamovibile a ogni mia richiesta, alla fine l'ha spuntata. Sono stato così costretto a scendere e siccome pioveva mi sono anche inzuppato d’acqua. Gli ho chiesto il numero di licenza, lui me ne dato uno diverso che corrisponde a un suo collega. Io comunque sono riuscito a fotografare il suo taxi con il vero numero di licenza che, per legge, è apposto sulle fiancate.

Il tutto è accaduto alla presenza di decine di cittadini increduli. Per fortuna, subito dopo, sono riuscito a prendere un altro taxi e ho raggiunto il mio hotel. Per un gesto d’insensibilità non sarebbe corretto criminalizzare una città o un’intera categoria, mi sento però di dire, avendolo vissuto in prima persona, che il comportamento del tassista è stato pieno di pregiudizi e stigmi nei miei confronti. E in quelli delle persone con disabilità tutte. Lo dico soprattutto perché ha utilizzato spesso la parola «voi», come se appartenessimo ad una galassia diversa.

Ho raccontato questi fatti la stessa sera sui social e ho ricevuto diverse telefonate di vicinanza. Tra queste anche quella del sindaco di Verona Damiano Tommasi, che non solo mi ha manifestato vicinanza e affetto, ma ha condannato il gravissimo episodio. E mi ha assicurato che avvierà un’indagine interna. Un gesto apprezzato e importante. Fa capire che l’amministrazione è sensibile ai temi dell’inclusione delle persone con disabilità. Quanto accaduto a me però non è un episodio isolato, purtroppo le persone con disabilità sono vittime ogni giorno di episodi simili. Io ho avuto la possibilità di raccontare questa storia, ma non tutti riescono. Non tutte le persone con disabilità, spesso, hanno anche la forza di denunciare i torti che sono costrette a subire.

Per questo con la Fish stiamo lavorando a livello nazionale per favorire la diffusione di cultura e strumenti informativi, utili a favorire una migliore relazione tra e con le persone con disabilità. Casi come quello di venerdì sera non dovrebbero più accadere. In un Paese veramente civilizzato la disabilità non può costituire motivo di rifiuto alla prestazione, di qualunque tipo.

di Vincenzo Falabella,
presidente FISH (Federazione italiana per il superamento dell’handicap)

https://www.lastampa.it/cronaca/2022/10/02/news/io_disabile_umiliato_e_discriminato_costretto_a_scendere_da_un_taxi-10243519/

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