Osservando un bambino compiere un movimento in modo goffo, ancor di più se in ambito sportivo, spesso la prima reazione è quella di sorridere, pensando si tratti semplicemente di un piccolo poco coordinato. Magari capita pure di rivedere in lui o lei la nostra totale avversione al movimento, e di empatizzare ancora di più.
Fortunatamente nella maggior parte dei casi le cose stanno effettivamente così, ma attenzione a non dare nulla per scontato perché in alcuni potrebbe trattarsi di qualcosa di ben più serio.
Avete mai sentito parlare di disabilità invisibile?
Si tratta di disturbi motori e neurologici non sempre facili da diagnosticare, e quindi spesso non identificati o confusi con altri. Tra questi, il più noto a livello medico è la Disprassia, a sua volta inserita all’interno di quello che viene chiamato Disturbo della Coordinazione Motoria o DCD (Developmental Coordination Disorder).
COSA SONO DCD e DISPRASSIA
A spiegarci di cosa si tratti, è Veronica Saccà, neuropsicomotricista dell’età evolutiva. «Negli anni si è creata una certa confusione perché i due termini sono stati spesso sovrapposti ma, se pur molto simili, non indicano la stessa cosa». Il DCD è un disturbo della capacità di controllo ed esecuzione del movimento finalizzato o meno all’uso di oggetti, senza evidenti patologie neurologiche; mentre la Disprassia è un disturbo dell’esecuzione di un’azione intenzionale e più in particolare la difficoltà a programmare e fare movimenti intenzionali, volti a raggiungere uno scopo o obiettivo. «In sostanza, nel primo la difficoltà è nel come fare un’azione a livello motorio, mentre nella seconda come pianificarla».
La DCD è quindi un disturbo prettamente fisico, con il bambino impacciato nel compiere un movimento ma perfettamente in grado di pensarlo, mentre nella Disprassia il problema si presenta proprio in fase di elaborazione cognitiva. Quest’ultima può essere primaria o pura quando non presenta segni neurologici evidenti e non è associata ad altre patologie, oppure secondaria se affiancata ad altre patologie e sindromi come disturbi dello sviluppo, cognitivi, sindrome di Williams, Sindrome di Down, dislessia o altro.
La Disprassia viene inclusa nella macro categoria dei DCD ma un bambino disprassico può anche non avere disturbi della coordinazione motoria.
INCIDENZA, DIAGNOSI E DECORSO
La Disprassia colpisce circa il 5-6% dei bambini tra i 5 e gli 11 anni, più maschi che femmine. La diagnosi avviene spesso intorno ai 5 anni o in concomitanza con l’inizio della scuola elementare perché è a quel punto che i genitori si accorgono di alcune difficoltà in più che prima imputavano solo all’età del piccolo. «I segnali però ci sono anche precedentemente, ma non è facile riconoscerli», spiega l’esperta.
Purtroppo si tratta di un problema che con il tempo si impara a gestire ma che non sparisce mai definitivamente. «Arrivati alla fase dell’adolescenza il miglioramento c’è ed è dovuto al fatto che negli anni i bambini disprassici imparino a mettere in atto diverse strategie per sopperire alle loro mancanze. Questo aiuta tantissimo nella gestione quotidiana ma purtroppo quando si deve imparare un nuovo movimento la difficoltà di pianificazione ritorna».
CAMPANELLI D’ALLARME
Identificare la Disprassia non è sempre semplice, ma ci sono alcuni campanelli d’allarme da tenere d’occhio, e che se riscontrati suggeriscono la necessità ulteriori indagini. Se pur senza troppi allarmismi, infatti, la tempestività della diagnosi è fondamentale perché un bambino non diagnosticato spesso va incontro a frustrazione e bassa autostima. «Considerato da tutti, compagni di giochi in primis, pigro e svogliato, tende a chiudersi in se stesso perché si vergogna di non riuscire a fare le cose».
In età pre scolare, un bambino disprassico potrebbe fare fatica ad afferrare la palla, usare la forza, disegnare, colorare, andare in bici o in triciclo e confondere i giorni e la sequenza temporale tra ieri, oggi e domani.
In età scolare, a queste si aggiungono difficoltà ad allacciarsi le scarpe, fare un puzzle, organizzare lo spazio sul foglio e il materiale scolastico, usare strumenti di precisione come il compasso, imparare le cose a memoria, cimentarsi in matematica e nella scrittura a livello grafico.
Un soggetto disprassico è spesso anche goffo, fatica a identificare le cose che lo sfiorano o le parti del corpo che gli vengono toccate e a orientarsi nello spazio.
Tono muscolare e forza, inoltre, sono meno sviluppati, e questo comporta poca attitudine agli sport che prevedono tante variabili da organizzare. «Con la palla possono avere grosse difficoltà ma, al contrario, eccellono in discipline a schema chiuso come ad esempio il nuoto», spiega Veronica Saccà.
COSA FARE SE SI HA UN DUBBIO
Se ci si accorge della presenza nel proprio figlio di alcuni di questi segnali, la prima cosa da fare è rivolgersi a un neuropsichiatra infantile per una valutazione reale e seria dell’eventuale problema. In caso di confermata Disprassia seguiranno ulteriori indagini per capire se sia associata ad altre patologie, e solo a quel punto e su consiglio del medico che ha fatto la diagnosi, si potrà iniziare un percorso con un terapista della neuro psico motricità evolutiva.