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L'INPS e la diagnosi di autismo: doverosi approfondimenti

fonte superando.it

contributo di Donata Vivanti *

Leggo in «Superando.it», nell’articolo pubblicato qualche settimana fa, dal titolo Un Messaggio dell’INPS che “aggroviglia la matassa, che si rimprovera all’INPS – fra i tanti sacrosanti motivi di biasimo -, di non fare riferimento, per la diagnosi di autismo, al DSM-5 [“Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders”, N.d.R.], ovvero alla nuova versione del Manuale Diagnostico e Statistico dell’APA, l’Associazione Americana degli Psicologi e Psichiatri.

Tuttavia – se non vogliamo ingarbugliare ancor di più la già imbrogliata ed evocata matassa -, sarebbe più prudente, prima di invocare la pronta adozione del DSM-5, considerare attentamente i rischi che tale adozione – forse prematura -, da parte dell’INPS comporterebbe, per i seguenti motivi.

Fino all’adozione del DSM-5 da parte dell’APA, le due principali classificazioni internazionali dei disturbi mentali, il DSM, appunto e l’ICD (International Classification of Diseases, ovvero “Classificazione Internazionale dei Disturbi e delle Malattie”) dell’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità), coincidevano sostanzialmente nei criteri diagnostici per l’autismo.

La nuova edizione del DSM si discosta da quella precedente (il DSM-IV, non più in vigore), e di conseguenza anche dall’ultima versione dell’ICD (l’ICD 10), che nei criteri diagnostici per i disturbi dello spettro autistico, definiti «disturbi pervasivi dello sviluppo», si sovrappone al DSM-IV.

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GLI INSEGNANTI DI SOSTEGNO NELLA SCUOLA PUBBLICA

Fonte http://www.articolotre.com

Dal 1977, cioè da quando la legge prevede l’integrazione nel sistema scolastico dei disabili, dopo aver abolito le classi differenziali, è nata una nuova figura di insegnante, l’insegnante di sostegno, che allora veniva chiamato anche di “appoggio”.

Inizialmente furono istituiti dei corsi di specializzazione ma limitati e con un numero ristretto di partecipanti, per cui vi fu una pesante carenza di docenti nelle scuole dove erano inseriti i disabili. Talvolta quindi vennero assegnati al sostegno i docenti senza posto di lavoro, i supplenti giovani i quali non erano in grado di fare fronte ai problemi che quotidianamente si presentavano. Spesso accettavano la cattedra (per avere un reddito stabile) anche coloro che non erano mai entrati in un’aula, coloro che si sentivano a disagio, turbati a contatto di un portatore di handicap, causando situazioni imbarazzanti per la scuola e penose per i ragazzi. Col tempo vennero nominati molti altri docenti specializzati, riuscendo a “coprire” molte delle esigenze delle scuole. Ma, malgrado i corsi, malgrado i docenti abbiano scelto consapevolmente questo lavoro, il problema del sostegno non è stato risolto ancora oggi in modo ottimale.

Qual è il problema? La qualità degli interventi sulla classe e sull’alunno.

Di fatto molti insegnanti di sostegno, pur avendo acquisito la specializzazione, spesso credono che fare lezione ad un disabile consista nel far “trascorrere” il tempo in classe, o fuori dall’aula senza alcun intervento educativo o culturale. Poiché l’alunno frequentemente non è in grado di porre critiche e di rifiutare un trattamento da “oggetto”, prima che qualcuno si accorga dell’inutilità della presenza del docente, si arriva a fine anno scolastico.  

 

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La disabilità? ANPA onlus: "Una miniera d'oro, che muove un giro d'affari disumano"

Fonte www.superbile.it

Audizione informale al Senato voluta da associazioni e familiari in vista della discussione del ddl "Disposizioni a favore delle persone autistiche" che raccoglie critiche. Si chiede che vengano accolti gli emendamenti che mettono la famiglia al centro del percorso di cura.

"Non entra nella questione della presa in carico seria della persona autistica a scuola, va a rafforzare il sistema delle cooperative, non entra nel merito del riconoscimento del caregiver, il familiare che svolge il lavoro di cura. Questa proposta di legge sembra fatta solo per l'obbligo di doverla fare". Le parole sono di Alessandro Capobianchi, presidente di Anpa onlus, Associazione nazionale persone autistiche, e si riferiscono al disegno di legge unificato (sintesi di tre testi di provenienza Pd e di uno Udc) "Disposizioni a favore delle persone autistiche" (Ddl 1487), testo elaborato dalla Commissione Igiene e sanità del SenatoDel ddl si sta parlando a palazzo Madama, nell'audizione informale richiesta ai senatori dalla stessa Anpa. "L'obiettivo è che si raggiunga un'unione di intenti nel costruire una legge ad hoc per l'autismo - dice Capobianchi -. Crediamo che la questione sia così delicata che richieda adeguate scelte politiche in termini di sostegno alla famiglia (caregiver), alla scuola e alle relazioni interpersonali".

I familiari ritengono che la proposta di legge ora depositata in XII Commissione abbia stravolto gli intenti originari di un lavoro cominciato mesi fa proprio con loro, con un testo di legge di iniziativa popolare in cui la famiglia era protagonista ma che il Senato "non ha ritenuto idoneo, senza dare grosse spiegazioni sui motivi".

Secondo una mamma caregiver, Chiara Bonanno, anche lei oggi presente all'audizione, "la famiglia in questa legge non esiste proprio. I figli diventano ‘proprietà' degli specialisti, degli operatori, etc, che decidono terapie, fanno e disfano il contesto per loro, ma la famiglia non compare se non quando si chiede ad essa di acquisire competenza, formazione. Insomma, decidono altri ‘come' devono essere curati i nostri figli e poi ci formano per svolgere questa cura come genitori e ci lasciano da soli, con tutti i doveri e nessun tipo di supporto".

Genitori, psicologi, tutte le figure che affrontano l'autismo 24 ore su 24, avrebbero dato un apporto fondamentale per la costruzione della legge. E invece? "Ha vinto lo strapotere legato alle associazioni e alle cooperative che hanno legami con la politica - dice senza mezzi termini Capobianchi dell'Anpa -, un sistema che alza l'attenzione dove conviene, e tutto per fare i conti con il consenso. E' questione di numeri". Quali le azioni previste? "Noi associazioni abbiamo presentato un ddl alternativo, messo nelle mani di diversi senatori". Uno dei pilastri è il riconoscimento della figura del familiare caregiver, questione che riguarda l'autismo come altre disabilità. "Centrale è l'articolo 14 della legge 328, ma il Parlamento sembra l'unica realtà che non lo riconosce. Lo Stato usufruisce della nostra prestazione gratuita, e noi all'improvviso venissimo meno e questo lavoro dovesse passare in carico allo Stato il sistema crollerebbe".

Prosegue Capobianchi: "Tutto passa attraverso l'utilizzo delle cooperative, con costi disumani. Quei soldi potrebbero essere investiti in maniera diversa. Tremonti quando era ministro disse che i disabili erano parassiti e improduttivi, invece noi diciamo che il mondo della disabilità è una miniera d'oro che muove un giro d'affari disumano". In questi minuti ai senatori l'Anpa sta chiedendo accogliere e dare forza agli emendamenti avanzati dalle famiglie, "per avviare un cambiamento di rotta", perché "è tutto un sistema che va ricostruito". Capobianchi cita anche realtà come quella tragica, scoperta di recente, della struttura "Casa di Alice" di Grottammare nelle Marche: "E non è l'unico caso... Lo Stato dovrebbe costituirsi parte civile in queste vicende, invece di finanziare e continuare a tenere in piedi strutture del genere". 

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Dopo la vergogna di Grottamare: il punto di vista di ANGSA

 
ANGSA commenta i fatti di cronaca di Grottammare: "Serve formazione su tecniche di abilitazione in autismo, apertura al territorio e telecamere"
 

"È necessaria la formazione del personale". È questo il commento di Carlo Hanau, docente di Programmazione e organizzazione dei servizi sociali e sanitari dell'università di Modena e Reggio Emilia e membro del comitato scientifico dell'Angsa (Associazione nazionale genitori soggetti autistici) sui fatti di cronaca di Grottammare in provincia di Ascoli Piceno. Grazie alle immagini rilevate dal pm e dai Carabinieri di Fermo è scattato l'arresto per quattro educatrici e per il coordinatore del centro ‘La casa di Alice', che ospitava 12 ragazzi con autismo, dagli 8 ai 20 anni. Un centro semiresidenziale gestito dal Comune attraverso una cooperativa esterna, dove le telecamere hanno permesso di svelare l'esistenza di una stanza di contenimento dove i ragazzi venivano rinchiusi e denudati come punizione per la loro ‘vivacità'. Per i Carabinieri però c'era una "totale assenza di comportamenti violenti o di azioni che giustificassero il loro contenimento". Una notizia ‘agghiacciante' per Angsa. "Non c'è una ricetta sicura per prevenire queste aberrazioni", spiegano dall'associazione.

Di certo però, credono sia necessaria la formazione continua su tutto, specie in tecniche di abilitazione in autismo, metodi comportamentali come raccomandati dall'Istituto Superiore di Sanità nella Linea Guida 21. "Serve formazione anche sulle tecniche contenitive, che possono essere usate come ‘ultima ratio' quando il resto non ha funzionato", sottolineano dall'associazione. Questo tipo di formazione è richiesto per legge in alcuni Stati, ma il contenimento può essere fatto solo da personale formato appositamente. Un esempio è l'Inghilterra. "Ogni incidente in cui si è dovuti arrivare al contenimento fisico - spiega Angela Ottaviani, psicologa che lavora in Gran Bretagna - viene documentato in un ‘libro' dove vengono descritti i fattori scatenanti e viene motivato l'utilizzo del ‘physical restraint' per garantire la sicurezza dell'alunno, dei suoi compagni o degli educatori". Secondo Liana Baroni, presidente di Angsa, "solo a queste condizioni possono essere accettate tali tecniche. La speranza è che anche in Italia si diffonda una formazione adeguata".

Altro ingrediente per la ‘ricetta' che potrebbe evitare che si verifichino episodi di questo tipo è l'apertura del centro al territorio in due sensi. "Riferendosi a un semiresidenziale come in questo caso, devono essere previste nei programmi educativi frequenti uscite di collaborazioni in attività con strutture territoriali, come i centri giovanili o per anziani, con le associazioni di volontariato, con le occasione sociali come feste, sagre, oppure con progetti di ausilio in cui i giovani della struttura diventano risorsa del territorio nel fare e, per esempio, portare la spesa o medicinali a chi è impossibilitato a muoversi - spiegano dall'associazione - Analogamente le strutture possono invitare la cittadinanza al loro interno in varie occasioni".

E poi c'è il fattore tecnologico. Le telecamere, infatti, sembrerebbero essere validi aiuti per i genitori. "Non so se il loro utilizzo possa essere sufficiente a garantire una maggiore sicurezza a persone come disabili, minori, anziani, che non sono in grado di provvedere da soli alla propria incolumità - spiega Baroni - Ma è certo che noi genitori abbiamo il diritto di avere informazioni precise e puntuali, a 360 gradi riguardo gli ambiti frequentati dai nostri figli, nella scuola, nelle strutture riabilitative, sportive o quant'altro". Un problema, quello di poter denunciare eventuali maltrattamenti, che riguarda le persone con autismo, "non tanto per i deficit del linguaggio, quanto della comunicazione in toto". E conclude: "Sta per essere presentata in Senato una legge che stabilisce alcuni punti fermi sul trattamento delle persone con autismo, speriamo che possa al più presto divenire legge e migliorare la qualità di vita delle persone con autismo, sia bambini che adulti".

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Intervista a LUCIO MODERATO

Pubblico l'intervista integrale che Lucio Moderato ha concesso al quotidiano La Stampa, all'interno dell'inserto tuttoSCIENZE salute, il 16 Luglio.

 

 

 

a cura di Monica Mazzotto

Andrea deve far suonare, con le nocche, ogni oggetto che incontra, Paolo non parla e, quando cammina, vuole svuotare e riempire i bidoni della spazzatura. Davide urla senza apparente motivo e si nasconde sotto il letto. Poi, però, c’è Francesco che parla e riesce a spiegarti cosa vede e come funzionano i suoi sensi con un video di sua realizzazione. 

Ragazzi diversi, che in comune hanno l’autismo, un disturbo poco conosciuto, ma sempre più diffuso. «Negli Anni 70 c’era un autistico ogni 100 mila abitanti, oggi un bambino su 100 è autistico. E ci sono picchi come la Corea, dove si arriva a uno su 80 abitanti». A spiegarlo è Lucio Moderato, direttore dei servizi territoriali della Fondazione Istituto Sacra Famiglia, docente all’Università Cattolica di Milano e direttore scientifico dell’associazione «Autismo e Società»: è uno dei massimi esperti italiani, autore di un centinaio di pubblicazioni e padre di «Superability», un metodo terapeutico per chi soffre di disabilità intellettive. 

 

Professore, da 30 anni lavora in questo campo e ha incontrato migliaia di soggetti autistici: pensa che questi dati allarmanti siano dovuti anche alla maggiore accuratezza delle diagnosi?  

«Le diagnosi sono più precise e tante forme di autismo, un tempo, non venivano riconosciute o venivano scambiate per altri disturbi, come la schizofrenia. Ma l’aumento dei casi c’è ed è reale».  

 

Da uno studio sul «Journal of the American Medical Association» emerge che il rischio di soffrire della sindrome sia al 50% genetico e al 50% ambientale. È così?  

«E’ vero, esiste un’interazione tra fattori genetici e fattori ambientali, ma l’interazione è particolare. Il rapporto tra i primi e i secondi è simile a quello tra una bomba e una spoletta. Se c’è la bomba e non c’è la spoletta, la bomba non esplode, e viceversa. Deve esserci l’occasione e la predisposizione. Ma sostenere che, in media, il rapporto sia di 50 e 50 è semplicistico, perché, essendo una media, vuol dire che in tanti casi per il 70% sarà genetico e per il 30% ambientale o viceversa». 

 

Solo il 60% degli italiani pensa di sapere che cos’è l’autismo e, di questo, il 70% crede che gli autistici possiedano forme di genialità. Che cos’è l’autismo?  

«Non è una malattia, ma un disturbo generalizzato dello sviluppo. L’elevata frequenza di disabilità intellettiva e di epilessia avvalora l’ipotesi che l’autismo derivi da un’anomalia dello sviluppo cerebrale che ha avuto un altro tipo di evoluzione. Infatti, non esiste un solo tipo di autismo, ma infiniti, e oggi si parla di sindrome dello spettro autistico. Immaginate due linee parallele: la prima rappresenta l’intensità dell’autismo e l’altra l’intelligenza. Provate a congiungere due degli infiniti punti di queste linee: avrete infinite combinazioni. Ci può essere il bambino con un alto livello di autismo e alti livelli di intelligenza o un basso livello di autismo e un basso livello di intelligenza. E tra questi casi limite ci sono infinite combinazioni».  

 

Perché questa variabilità?  

«Perché allo stato della ricerca entrano in gioco almeno sette geni che si incrociano e che interagiscono con l’ambiente. Questi geni hanno una diversa influenza su diverse aree di sviluppo: alcuni sugli aspetti sensoriali, altri su quelli intestinali, altri su quelli neurologici. Per far capire quanto può essere vasta la combinazione dei sette geni si può pensare alle note: quanti brani sono stati composti con sette note? Infiniti. E questo è il problema dell’autismo. Anche se li racchiudiamo sotto la stessa etichetta, non c’è un caso uguale a un altro. Sono tutti complessi e atipici. Questa è la sfida e nel mio lavoro devo sempre cercare la strada “su misura”». 

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