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Infiammazione dell’intestino: 12 possibili cause evidence-based derivanti da dieta e stile di vita

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L’infiammazione intestinale è una patologia seria, complessa e da non sottovalutare. Può contribuire all’instaurarsi di una vasta gamma di gravi malattie, tra le quali l’artrite, il diabete di tipo 2, i disturbi cardiovascolari, il morbo di Parkinson, la depressione e persino alcune forme di tumore.

In un certo senso, è più semplice affermare che l’infiammazione intestinale entri praticamente in tutti i disturbi del nostro organismo.
Per questo motivo, diventa di assoluta importanza comprendere quali siano le radici del problema a livello individuale, in modo da introdurre i necessari correttivi alla dieta o allo stile di vita per alleviare tempestivamente o, meglio ancora, eliminare lo stato di infiammazione.

Il problema si pone per l’ampia varietà di cause alla base del fenomeno. Vediamone le principali.

1: infezioni intestinali

Batteri, virus, funghi e parassiti possono alterare la composizione della flora intestinale, attivando una risposta immunitaria.
Gli anticorpi così rilasciati creano un ambiente pro-infiammatorio.

Il virus dell’influenza, ad esempio, aumenta temporaneamente la suscettibilità al patogeno della Salmonella riducendo al contempo i batteri protettivi, mentre l’infezione da Helicobacter pylori migliora la crescita della Prevotella, un batterio gram-negativo a forte azione infiammatoria.

 

2: terapie antibiotiche

Sino a pochi anni fa, la prescrizione di antibiotici era prassi corrente per una molteplicità di disturbi ed eventi patologici. Nonostante i dosaggi siano migliorati nel tempo, ricerche approfondite hanno messo in luce come sul lungo termine gli antibiotici possano avere effetti deleteri sull’ambiente intestinale e causare stati di infiammazione locale.

Gli antibiotici infatti riducono la varietà e l’abbondanza dei batteri intestinali, abbattono le difese naturali e consentono la crescita di agenti patogeni, tra i quali l’Escherichia coli e la Candida.

 

3: terapie farmacologiche non antibiotiche

Un numero crescente di test indica che svariate tipologie di farmaci non antibiotici hanno un impatto negativo sulla flora intestinale, inducendo direttamente il processo di infiammazione.

Gli esempi non mancano.
Gli inibitori utilizzati nel trattamento della malattia da reflusso gastroesofageo e acido riducono il tasso di acidità nello stomaco.
Di conseguenza, più batteri del dovuto sopravvivono al passaggio digestivo e proliferano nell’intestino tenue.
La fluoxetina – principio attivo del Prozac – altera la struttura della comunità microbica intestinale, aumentando i batteri disbiotici.

 

4: inquinamento ambientale

Ogni anno, migliaia di nuovi prodotti chimici sono immessi sul mercato, spesso senza sufficienti verifiche sanitarie. L’infiammazione intestinale è una delle conseguenze più frequentemente citate a seguito di esposizione alle tossine ambientali.

Il bisfenolo A (BPA) – presente in molte bottiglie per l’acqua e contenitori per alimenti, giocattoli per bambini e persino ricevute dei registratori di cassa – favorisce l’infiammazione dell’intestino stimolando sia i batteri intestinali dannosi, sia la permeabilità intestinale.
I plastificanti alternativi, presenti in prodotti senza BPA, sono altrettanto dannosi, se non di più.

Il triclosan, agente antibatterico sintetico utilizzato nei disinfettanti per le mani e nei prodotti per la cura della persona, riduce il Lactobacillus e facilita la crescita dell’Escherichia coli resistente agli antibiotici.
E questi non sono che alcuni piccoli esempi.

 

5: assunzione di glutine – per i celiaci o i soggetti comunque sensibili al glutine

La famiglia del glutine comprende una lunga serie di proteine – tra le quali gliadine e glutine – conservate nell’endosperma di grano, orzo, segale e altri cereali.

Nelle persone affette da celiachia o sensibilità al glutine non celiaca (NCGS), l’ingestione di tali proteine innesca una risposta autoimmune caratterizzata dalla rottura del tessuto intestinale, cui seguono eruzioni cutanee, disturbi gastrointestinali e anemia.

In particolare, il glutine attiva una sovra-risposta proteica che innesca i processi infiammatori, raggiunge quindi i mastociti intestinali, che rilasciano a loro volta molecole pro-infiammatorie, tra le quali stamina e triptasi, che perpetuano il disturbo.

 

6: oli vegetali raffinati

Gli oli di semi derivati da processi industriali – tipicamente soia, mais, colza – rivestono un ruolo apicale negli stati di infiammazione intestinale.

Le fasi di estrazione e lavorazione richiedono l’aggiunta di solventi e additivi chimici, la lavorazione ne provoca il ripetuto riscaldamento e l’aggiunta di acidi grassi omega-6. Tutti questi fattori – cumulati – scatenano il disturbo e stimolano la crescita dei patogeni intestinali.

 

7: carboidrati a-cellulari

I carboidrati a-cellulari sono ottenuti da quelli naturali mediante raffinazione. Durante il processo, perdono le pareti cellulari fibrose e diventano quindi a elevata densità. Il chimo prodotto dallo stomaco nella loro digestione diventa talmente ricco da eccedere le capacità di assorbimento della flora gastrointestinale.

In questo modo, si favorisce il proliferare di alcune popolazioni batteriche a scapito di altre, assieme all’aumento esponenziale dei sottoprodotti di scarto.
Questa situazione di assoluto squilibrio – intrinseca al processo di digestione dei carboidrati a-cellulari – genera un ambiente nel quale prosperano i microrganismi pro-infiammatori a danno di quelli virtuosi.

 

 

8: alimenti ultra-raffinati

Sono numerosi gli additivi e i composti che vengono impiegati nei processi di trasformazione industriale dei cibi sui quali ancora si sa molto poco. Tuttavia, i segnali d’allarme si moltiplicano.

La maltodestrina, ad esempio, è un carboidrato sintetico usato come addensante e conservante.
La sua assunzione favorisce l’adesione alle pareti intestinali di batteri dannosi, sino a creare un film che danneggia irrimediabilmente le cellule locali.

Molti dolcificanti artificiali stimolano la crescita di batteri infiammatori intestinali.
La carbossimetilcellulosa, un emulsionante alimentare onnipresente, che aumenta la permeabilità intestinale.

Il biossido di titanio, un agente sbiancante, provoca una risposta infiammatoria da parte delle citochine nell’intestino.
Per contrastare l’infiammazione intestinale, la sola regola valida – peraltro semplice da adottare – dovrebbe essere quella di evitare tali additivi alimentari.

 

9: parto cesareo e allattamento

L’operazione di parto cesareo altera radicalmente l’intestino del neonato in fase di sviluppo, aggredendo il microbioma con specie importante dall’ambiente circostante, piuttosto che con i microbi benefici del canale vaginale materno.

L’allattamento al seno aumenta invece la colonizzazione dell’intestino del bimbo con fermenti e batteri antinfiammatori, riducendo il rischio di disturbi e patologie all’intestino che si instaurano con il latte artificiale.

 

10: stress cronico

L’intestino è estremamente sensibile allo stress cronico.

La condizione di ansia aumenta la permeabilità intestinale e consente al lipopolisaccaride (LPS), un sottoprodotto batterico, di entrare nella circolazione sanguigna. Ne derivano risposte infiammatorie sia localizzate, sia sistemiche.

Inoltre, lo stress logora lo strato mucoso gastrointestinale protettivo e aumenta adesione e penetrazione dei batteri nelle cellule epiteliali intestinali.

 

11: vita sedentaria o eccesso di esercizio

Ritmi controllati di esercizio fisico – camminate, yoga, corsa leggera, nuoto – stimolano la proliferazione di batteri benefici per l’intestino, compresi i batteri che producono acidi antinfiammatori.

All’opposto, uno stile di vita sedentario si traduce in una maggiore infiltrazione delle molecole infiammatorie nell’intestino.
Analogamente, l’eccessiva attività fisica aumenta la permeabilità intestinale e altera negativamente la flora intestinale.

 

 

12: disturbi del sonno

Il ritmo circadiano individuale – alla base dell’alternanza tra veglia e riposo – è alla base di tutta una filiera di processi biochimici interni che si dispiegano in cicli di circa 24 ore.

Quando il ritmo circadiano viene interrotto, ad esempio dalla luce blu di TV e computer o da interruzioni nel sonno, la salute dell’intestino ne risente.
In effetti, lo squilibrio circadiano promuove la crescita di batteri infiammatori intestinali, riduce i microbi benefici e aumenta la permeabilità intestinale.

Due sole notti di privazione parziale del sonno sufficienti per indurre cambiamenti nel microbiota intestinale, aumentare le specie batteriche locali e scatenare l’infiammazione intestinale.

 

Conclusioni

La corretta comprensione della radice – spesso “delle radici”, tra loro combinate – dell’infiammazione intestinale permette reazioni mirate ed efficaci.

Una modifica alla dieta o allo stile di vita consente frequentemente di migliorare la situazione in tempi brevi, mentre maggiori difficoltà si incontrano quando le cause risiedono nell’ambiente, in terapie farmacologiche o nell’assunzione, magari inconsapevole, di prodotti allergenici o tossici.

In ogni caso, la componente nutrizionale riveste un ruolo primario nell’accompagnare una fase di cura e recupero dall’infiammazione.

La raccomandazione quindi di seguire una dieta sana, basata su cibi “veri” e sull’eliminazione di quelli artificiali e processati assume un valore decisivo e assoluto, personalizzata sulle esigenze individuali.

 

https://www.asseintestinocervello.com/2020/09/28/infiammazione-intestino-12-possibili-cause-evidence-based-derivanti-da-dieta-e-stile-di-vita/