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Autismo: dal Burlo Garofolo uno studio per anticiparne la diagnosi nei bambini

triesteallnews.it

Uno studio dell'IRCCS Burlo Garofolo di Trieste dimostra che uno screening precoce in due tempi aumenta la possibilità di individuare segnali di sviluppo atipico già nel primo anno di vita, e di intervenire con un percorso terapeutico mirato.

Uno screening in due tempi – a 12 e 18 mesi di età – basato sull’impiego di due questionari complementari permette di cogliere prestissimo i segni tipici di autismo, e di intervenire con un adeguato progetto terapeutico. E’ quanto emerge da uno studio triennale effettuato all’IRCCS Burlo Garofolo di Trieste, che ha coinvolto 224 bambini della provincia di Trieste considerati a basso rischio per disturbi del neurosviluppo, individuandone tre con tratti autistici, che sono stati indirizzati tempestivamente a un percorso terapeutico specifico per il loro caso.

Il lavoro è stato pubblicato dalla rivista Brain Sciences ed è consultabile sul sito del Burlo Garofolo. "I disturbi dello spettro autistico (DSA) sono un gruppo eterogeneo di disturbi del neurosviluppo, di cui l'autismo è il principale e forse il più noto al pubblico", sptega Raffaelle Devescovi, dirigente medico di neuropsichiatria infantile e referente per l'ambulatorio della comunicazione sociale sociale al Burlo Garofolo.

I programmi tradizionali di screening iniziano a 18 mesi, proprio perché è difficile rilevare i sintomi già a 12 mesi di età, finestra evolutiva importante in cui si può pensare di intervenire. E la mancata o tardiva diagnosi si traduce purtroppo in un ritardo nell’avvio delle cure, che potrebbe compromettere gravemente la futura qualità di vita del bambino e della sua famiglia.

Attualmente i DSA rappresentano il disturbo neuroevolutivo tra i più frequenti e a maggiore impatto socio-assistenziale, i cui sintomi, quando sono lievi, sono difficilmente individuabili anche ai controlli pediatrici di routine. Hanno una base genetica, ma risentono molto dell’ambiente e degli stimoli cui il bambino è sottoposto.

Il Burlo Garofolo è un centro con solida esperienza su questo fronte: la sua Struttura Complessa di Neuropsichiatria Infantile è capofila del progetto regionale SFIDA, di cui Devescovi è responsabile scientifica, che ha l’obiettivo di uniformare i percorsi diagnostico terapeutici all’interno dei servizi pubblici territoriali di neuropsichiatria infantile. Ma è anche il centro coordinatore (centro pivot) per il FVG del network italiano NIDA, promosso dall’Istituto Superiore di Sanità, che ambisce a creare una rete assistenziale finalizzata al riconoscimento precoce dei disturbi del neurosviluppo, in primis di quelli dello spettro autistico.

Nei casi più evidenti, i bambini con autismo non mostrano i comportamenti tipici della prima infanzia, come cercare l’interazione, condividere un gioco o un’attività sociale” chiarisce Devescovi. In alternativa, possono manifestare comportamenti atipici e stereotipati, come muovere le dita davanti agli occhi o focalizzare eccessivamente l’attenzione su stimoli non sociali, come un oggetto che ruota o un suono che attrae la loro attenzione.
Accorgersi precocemente del problema consente di modificare una traiettoria evolutiva che sta procedendo in maniera atipica nei primi tre anni di vita, età in cui un intervento mirato pone le basi per una prognosi migliore” sottolinea Devescovi.

Da qui lo studio del Burlo, che si è posto l’obiettivo di standardizzare un protocollo di screening precoce in grado di anticipare più possibile la diagnosi di autismo. L’indagine si è svolta grazie agli ambulatori vaccinali appartenenti ai Distretti 1 e 2 triestini, dove le famiglie sono chiamate per il protocollo standard di immunizzazione. E ha analizzato 224 bambini della provincia di Trieste, mediante due questionari complementari (chiamati I-TC e Q- CHAT) somministrati ai genitori allo scadere dei 12 e 18 mesi di età, abbinati poi a una visita specialistica. Per uno dei piccoli pazienti è stata sospettata una condizione di autismo già a 12 mesi, mentre negli altri due casi i segnali di rischio sono emersi a partire dai 18 mesi.

La novità del nostro lavoro è l’aver provato ad anticipare a 12 mesi lo screening specifico per i DSA rispetto a quanto raccomandano le linee guida dell’Associazione americana di pediatria, che suggeriscono di fare i primi screening a 18 mesi” spiega Devescovi. L’altro aspetto innovativo è stato l’uso combinato dei due questionari, ulteriormente elaborati da Lorenzo Monasta, epidemiologo clinico del Burlo Garofolo, che insieme aumentano la sensibilità e la specificità dello screening.

Un riscontro positivo inaspettato è venuto dai genitori dei bambini, che hanno apprezzato il coinvolgimento diretto e il follow-up come momento educativo, per sviluppare consapevolezza e imparare a osservare il proprio bambino, prestando attenzione a eventuali comportamenti atipici.
Ma, avverte ancora Devescovi, bisogna ricordare che l’autismo è una patologia complessa in cui anche l’ambiente gioca un ruolo: “Il tipo di esperienze sensoriali e sociali cui i bambini sono esposti in una fase precoce del loro sviluppo selezionano vie neurali che permetteranno all’individuo di costruire rapporti con i suoi simili, nel corso della vita. Se queste vie neurali non sono stimolate correttamente da subito, o perché non ci si accorge di un possibile problema nello sviluppo, o perché il bambino è eccessivamente esposto a stimoli non sociali (troppo tempo davanti a tablet e cellulare fin da piccolissimi), si rischia di non promuovere lo sviluppo delle abilità sociali e comunicative, perdendo una finestra importante dello sviluppo cerebrale infantile.

Un comportamento potenzialmente dannoso per i bambini sani, ma ancor di più per i bambini con possibile rischio di autismo, per i quali sviluppare fin da piccoli la capacità di cogliere input utili per maturare abilità comunicative fa la differenza tra una qualità di vita segnata da difficoltà sociali e una vita vissuta all’insegna dell’integrazione.

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