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Bambini autistici, quale cura? Le famiglie chiedono chiarezza

Luciano Moia -  Avvenire

Fanno discutere le linee guida in preparazione al ministero della Salute. Servono davvero? E quali? Le opinioni degli esperti.

Nuove linee guida per la cura dei disturbi da spettro autistico. Potrebbe sembrare una questione per addetti ai lavori e invece è un tema che coinvolge nel nostro Paese, più o meno direttamente, 600mila persone. Tante sono coloro alle prese con questa condizione - definirla patologia sarebbe fuorviante - e cioè tra l'1 e 2 per cento della popolazione, quattromila nuovi casi ogni anno, i maschi con un incidenza quattro volte superiore alle femmine. E i numeri crescono ancora. Difficile capire perché.
Ma dove nasce la polemica sulle linee guida? L'Istituto Superiore di Sanità ha incaricato fin dal 2017 il Centro nazionale per l'eccellenza clinica (CNEC) di stendere un documento capace di sintetizzare il meglio della ricerca scientifica desunta dalla letteratura di settore. Ma il documento sotto esame non piace ad alcune società di settore. Proteste documentate sono state inviate al Ministero dall'Associazione italiana di analisi e modificazione del comportamento e terapia comportamentale e cognitiva (Aiamc); dall'Association for the advancement of radical behavior analysis (Aarba); dall'Italy associate chapter di Abai (Iacabai); dall'Associazione Cimadori per la ricerca italiana sulla sindrome di Down e da altre realtà.

Tanti i punti contestati. Secondo i firmatari della protesta, gli estensori della proposta di linee guida avrebbero ridimensionato i paragrafi dedicati alle strategie comportamentali per privilegiare le strategie basate sull'analisi applicata del comportamento che, sostengono, risultano molto gradite «agli operatori che fanno riferimento alla psicodinamica e alla psicanalisi lacaniana, quelli che ancora sostenevano l'ipotesi della madre frigorifero» (l'autismo cioè come conseguenza di carenze affettive da parte della madre). Contestato anche il fatto che nella prima parte della proposta di linea guida per bambini e adolescenti con autismo - secondo le associazioni un classico esempio di "medicina difensiva" - si raccomandi l'uso di psicofarmaci e in particolare degli antipsicotici ai bambini con autismo, senza aggiungere neppure una condizione che esiga una patologia psichiatrica.

Ma non basta. Si lamenta il fatto che linee guida già collaudate, come quelle dell'American Academy of Pediatrics (Aap), siano state volutamente ignorate. Nella protesta firmata dalle associazioni di cui sopra si segnala inoltre «la grave carenza di operatori pubblici e privati a fronte delle richieste di prestazioni per una platea di casi di disturbo dello spettro autistico molto grande e in fortissimo aumento». Le linee guida n.21 - quelle cancellate secondo l'accusa dall'ipotesi di riforma - raccomandavano inoltre trattamenti terapeutici di almeno 25 ore la settimana, che, ribadiscono i responsabili delle associazioni firmatarie, il Servizio sanitario non sarebbe in grado di assicurare.

Molteni (Nostra Famiglia): «Non saranno lo strumento risolutivo per la cura»
Accuse davvero circostanziate? «Prima di avventurarci nel merito di questa protesta diciamo subito che ci muoviamo in un ambito di grande complessità e di sofferenza profonda delle persone e delle famiglie coinvolte che, quindi, esige cautela e prudenza. Non ci sono solo il nero e il bianco, ma una vastissima gamma di grigi», risponde Massimo Molteni, neuropsichiatra direttore scientifico della "Nostra Famiglia" che con i suoi 27 centri di ricerca e cura da Nord a Sud è la più grande realtà nazionale per l'assistenza dei bambini disabili e svantaggiati.

«Le linee guida - ribadisce Molteni non saranno e non potranno essere lo strumento risolutivo della terapia contro l'autismo. Mi sembra che le attese siano state un eccessive, e forse in troppi hanno pensato e pensano di utilizzarle un po' strumentalmente, anche come arma di pressione politica. Le linee-guida analizzano con metodo critico/statistico le evidenze pubblicate su tutte le riviste scientifiche mondiali e danno un "grading" di attendibilità basate sulla letteratura circa l'utilizzo di strumenti diagnostici o terapie in determinate patologie: in un campo come l'autismo spesso le evidenze sono contraddittorie e basate su casistiche ridotte o ottenute con metodi non sempre scientificamente rigorosi (anche per la enorme difficoltà anche metodologica a fare ricerca in questo settore). Se non si analizza correttamente e con metodo tutta la letteratura presente sulle riviste, si rischia di giudicare risultati promettenti come se fossero verità incontestabili. Chi è abituato a un'analisi attenta della letteratura scientifica sa che negli ultimi 6/7 anni non ci sono state novità eclatanti nel campo delle terapie per l'autismo. : le linee guida non fanno altro che fotografare ciò che al momento in letteratura è presente».

Anche sull'accusa relativa all'utilizzo di farmaci antipsicotici, il direttore scientifico della "Nostra Famiglia" si dice molto dubbioso. «Sotto i 5/6 anni non se ne danno per "curare" l'autismo, ma neppure quando il bambino è più grande. Anche per quanto riguarda i cosiddetti trattamenti comportamentali, cioè l'analisi applicata del comportamento, occorre una precisazione. «La letteratura evidenzia come "probabilmente" le strategie comportamentali abbiano una efficacia (seppur moderata e nemmeno su tutti i soggetti con autismo): anche noi da anni stiamo provando ad applicare rigorosamente questi interventi comportamentali all'interno del SSN su centinaia di bambini piccoli con risultati a volte molto positivi; e sappiamo bene quanto sia complesso e complicato organizzativamente questo intervento e come il modello organizzativo/ gestionale del SSN sia strutturalmente inadatto a rendere sostenibile e estendibile questa modalità (e infatti la associazione è costretta a ricorrere a fonti di finanziamento aggiuntive). Sono terapie certamente utili, ma quante ore alla settimana? Cinque, dieci, quindici? Nessun può stabilirlo a priori: e spesso si ha il sospetto anche di qualche finalità strumentale nel proporre in maniera standardizzata un numero di ore di intervento sempre più elevato. L'intervento va costruito in relazione al singolo bambino, al suo problema specifico, alla sua ricettività e alle condizioni del contesto che deve essere coinvolto e reso co-protagonista: l'età poi è sicuramente una variabile fondamentale perché l'efficacia è sicuramente in relazione con l'età del bambino - sottolinea Molteni -, sapendo che anche con questa metodologia ci sono bambini che purtroppo non manifestano miglioramenti significativi».

Curioso, secondo il neuropsichiatra, affermare che le linee guida devono ispirarsi rigidamente a quelle fatte negli Stati Uniti o in altri Paesi. «Perché farle allora? Chi scrive le linee guida - spiega - analizza tutta la letteratura scientifica mondiale e tiene conto di quanto già elaborato in altri paesi: e così credo sia stato fatto anche questa volta, sapendo che questo è un campo in cui nessuno ha la bacchetta magica: la terapia vincente nessuno è ancora riuscito a metterla a punto. Giusto essere rigorosi e non creare eccessive illusioni». Infine il problema, sempre molto grave, dell'organizzazione e i costi dei servizi. «La distribuzione delle risorse e delle competenze in Italia, come si sa, varia da regione a regione: sono questioni ben note che originano in parte da storici gap, mai colmati, e in parte dalle modalità adottate per regionalizzare il SSN ( e che valgono per tutti gli aspetti sanitari e socio-sanitari). La tutt'altro che soddisfacente risposta offerta dal Servizio sanitario nazionale, in particolare alle condizioni di fragilità e di cronicità - fa notare Molteni - non può certo essere migliorata pubblicando le linee guida. In questi settori specifici, serve un radicale ripensamento, una "vera rivoluzione", gentile e mite, ma pur sempre rivoluzione».

Pezzana (Centro autismo Novara): «Un aiuto ai genitori per trovare la strada giusta»
Le linee guida? «Sono importanti e necessarie - osserva Chiara Pezzana, neuropsichiatra infantile, direttore scientifico del Centro per l'autismo di Novara - Associazione Enrico Micheli - perché uniformano quella che dovrebbe essere l'offerta corretta dal punto di vista terapeutico per le persone che seguiamo. In nessuna altra area della medicina sarebbe accettabile una così importante differenza nella qualità di offerta per lo stesso tipo di necessità. Senza linee guida che sintetizzino correttamente quello che la letteratura scientifica e l'esperienza dei clinici esperti definisce come efficace - osserva ancora - uno specialista potrebbe "vendere" il suo intervento preferito in assoluta assenza di riscontri scientifici e la famiglia dovrebbe solo "fidarsi" senza basi che la aiutino prendere la giusta decisione per il figlio».

Anche per un genitore alle prese con la cura più efficace per il proprio figlio le linee guida sono una garanzia perché - aggiunge la specialista «contribuiscono a guidare un genitore nella scelta del giusto percorso. Purtroppo nel nostro campo davvero il rischio è quello di non sapersi districare tra molte proposte di cui una buona parte non sono per nulla a parità di efficacia. In più per ogni approccio considerato efficace andrebbe anche specificata l'intensità, la sequenza degli apprendimenti e da quale tipo di operatore andrebbe erogati».

Ma sull'argomento Chiara Pezzana intende anche sgomberare il campo dagli equivoci a proposito dell'utilità delle linee guida: «Servono per garantire all'utente la qualità dell'intervento non per dire al professionista cosa deve fare. È anche vero che nel nostro campo non è tanto vero che la ricerca non procede ma che si tratta di una ricerca meno "di qualità" di quello che può essere la ricerca su un farmaco e con molte più variabili. Sarebbe forse stato meglio fare un aggiornamento della linea guida precedente con il sistema SIGN come ha fatto ad esempio la Scozia che prevede aggiornamenti periodici del testo originale con il sistema SIGN invece che utilizzare il sistema GRADE che non è del tutto adatto al tipo di ricerca "debole" che si trova nel nostro campo per cui anche studi randomizzati e controllati - prosegue l'esperta - non sono stati giudicati idonei a testimoniare l'efficacia di un trattamento. Nel campo dell'Autismo ad esempio qualunque linea guida nel resto del mondo considera efficace il trattamento precoce Early Start Denver Model sulla base di diversi studi randomizzati e controllati che invece nella nostra ultima linea guida non sono stati considerati idonei mettendo l'approccio Denver allo stesso livello di altri trattamenti molto più "dubbi"». Ma non è tutto. La direttrice scientifica del Centro per l'autismo di Novara ritiene «che l'assenza di esperti in analisi del comportamento (tra gli approcci più accreditati in tutto il mondo) nel panel di esperti sia stata di importante pregiudizio per la validità delle linee guida che risultano su questo argomento per quello che ho potuto vedere gravemente inesatte e farraginose».

Con quali conseguenze? «Purtroppo questo renderà difficile la consultazione alle famiglie e nel momento in cui tutti i trattamenti sono giudicati di debole affaccia e messi tutti sullo stesso piano renderanno le linee guida poco consultabile aprendo ad un commercio poco controllato di "trattamenti" di ogni tipo».

Il rischio di un atteggiamento simile, a parere di Chiara Pezzana, è evidente: «In questo modo ci allontaniamo anche dalla comunità scientifica internazionale e diamo come messaggio alle famiglie che "nulla serve" davvero, quando ogni buon professionista che si occupa di autismo sa che non è così».