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«Serve una scuola a misura di bambino Anche se autistico»

Caterina Ceccuti - La Nazione

Douglas Greer, considerato lo studioso vivente più autorevole al mondo nel trattamento educativo per l'autismo, era in Italia pochi giorni fa per partecipare al Congresso Europeo "ABA e Autismo: tra educazione, riabilitazione e organizzazione dei servizi territoriali" - dove ABA sta per Analisi del Comportamento Applicata, utilizzabile in molteplici ambiti tra cui l'educazione sia degli studenti normo-tipici che di quelli diversamente abili. In 50 anni di carriera Douglas - attualmente direttore del programma di Master e Dottorato in Applied Behavior Analysis alla Columbia University e fondatore della ben nota Scuola Keller - ha prodotto ragguardevoli evidenze scientifiche sull'applicazione dell'ABA nell'educazione e nella riabilitazione del bambino con spettro autistico.  

 Dottor Greer, cos'è l'autismo?

«È una diagnosi comportamentale. Ma sarebbe molto meglio se ci limitassimo a identificare i bambini in base a ciò che hanno bisogno di imparare, garantendo loro un percorso individualizzato basato sui giochi preferiti e sui loro interessi, per saper comunicare bisogni e preferenze. In questo modo non avremmo bisogno di categorie diagnostiche».

Com'è possibile che tempo fa gli studiosi attribuissero le cause dell'autismo di un bambino alla madre?

«L'abitudine a creare teorie non scientifiche e divulgarle come fossero scienza».

 

Cosa si intendeva col termine 'madre frigorifero'?

«Bruno Bettelheim, che ha portato avanti questa teoria, è stato poi riconosciuto colpevole di avere completamente inventato le proprie credenziali professionali. Era stato un collaboratore dei nazisti durante il regime, le basta come risposta?».

Un pregiudizio sbagliato sull'autismo?

«Che dentro il bambino autistico ci sia un bambino 'non autistico' intrappolato che vorrebbe uscire. C'è solo un bambino che, se gli insegniamo a comunicare, inizierà a farlo».

Quali sono gli errori più comuni che si commettono verso le persone con spettro autistico?

«Pur non essendo la mia area di competenza, posso rispondere che pensare di interagire bene con loro senza un minimo di preparazione, supponendo basti l'amore, si è rivelato sbagliato, sia per gli educatori che per i genitori».

Cosa suggerirebbe ad un insegnante che si prepari ad accogliere un allievo autistico in classe?

«Di acquisire il prima possibile le competenze per agire come scienziato strategico del comportamento. Insegnare è una scienza, non un'arte. In moltissimi Paesi, compresa l'Italia, si crede il contrario».

Quali sono state le scoperte più significative nella sua carriera come ricercatore?

«Tutta la ricerca che, messa insieme, ci ha fatto capire che una scienza del comportamento scolastico era possibile. Con questo modello tutti sono coinvolti nell'educazione dei bambini, usando la metodologia della ricerca. Il risultato è che ogni studente impara da 4 a 7 volte in più rispetto alla scuola tradizionale. Scoprire che questa affermazione vale ugualmente per i bambini normotipici e per quelli con spettro autistico o multi-disabili è stato sorprendente e da quel momento abbiamo smesso di separare i bambini 'abili' da quelli 'disabili': sono tutti semplicemente 'studenti'».

Dunque?

«L'inclusione è necessaria per il benessere di tutti e l'evidenza scientifica suggerisce di usare i protocolli di ricerca per aiutare le persone con autismo ad acquisire comportamenti più 'socialmente appropriati'. Solo così l'idea di inclusione sarà realistica, concretizzabile già da oggi. Invece che lottare per il suo diritto a mostrare i sintomi, lottiamo per il diritto di un bambino a imparare, a prescindere dalla gravità della diagnosi». 

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