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La splendida diversità di Giacomo Leopardi

Franco Bomprezzi, superando.it

Non sono un critico cinematografico e quindi, per la lettura dello splendido film Il giovane favoloso di Mario Martone, dedicato a Giacomo Leopardi e finalmente arrivato in molte sale italiane, dopo i dieci minuti di applausi ricevuti alla Mostra del Cinema di Venezia, ben volentieri rimando al pezzo sul «Corriere della Sera» di Paolo Mereghetti, che mi sembra cogliere perfettamente anche le sfumature e le difficoltà di una narrazione impervia e priva di retorica.
Ma rileggere il film dal punto di osservazione della splendida diversità del geniale poeta di Recanati, credo sia un modo per restituire, al lavoro di Martone e alla strepitosa interpretazione di Elio Germano, un ulteriore valore, forse persino al di là delle intenzioni.

«Ci si ostina ad attribuire alle mie situazioni materiali ciò che deve essere attribuito solo al mio intelletto – scriveva Leopardi il 24 maggio 1832 a Luigi De Sinner -. Prima di morire, mi accingo a protestare contro questa invenzione della debolezza e della volgarità, e a pregare i miei lettori di sforzarsi di distruggere le mie osservazioni e i miei ragionamenti piuttosto che di accusare le mie malattie».
Questa frase, contenuta in una sua famosa lettera, viene presa di peso e pronunciata, quasi identica, in una delle scene più forti del film, quando, in un caffè di Napoli, il poeta controbatte adirato alle battute insinuanti e grevi degli intellettuali liberali che vorrebbero da lui meno malinconia e più attenzione a quelle che lui nella Ginestra chiamerà con sarcasmo «le magnifiche sorti e progressive». Da un tavolino all’altro del bar viene rinfacciato a Leopardi di scrivere e di pensare così, solo perché provato nel fisico da una deformità che lo isola.
Ecco, in quei pochi minuti, tesi e duri, Martone e Germano sintetizzano non soltanto uno dei veri crucci di Leopardi, ma una situazione universale nella quale si trovano a vivere le persone con disabilità, perché, anche se mai dichiarata come tale (i tempi non lo prevedevano), di questo si tratta. La tremenda scoliosi progressiva, la fragilità dell’organismo, l’ingobbirsi, il curvarsi sul bastone fino a trascinarsi faticosamente per le strade, vengono rappresentati senza alcuna indulgenza, ma anche senza accanimento.

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