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DACCI OGGI IL NOSTRO PANE

fonte terpress.blogspot.it  Rosa Mauro

 
Questa è una storia che non riguarda terre o paesi lontani.
E non è una storia che riguarda futuri re, principi  o altre persone destinate a diventare famose.
Nessuno dei personaggi di questa storia è ancora in questo mondo, eppure la loro storia è degna di essere raccontata.
Io non la racconterò fedelmente, ma spero di riportarne lo spirito, perché serve che qualcuno, ogni tanto, queste storie le racconti.
E anche se non c'è un c'era una volta, sembra proprio una favola.
 
Siamo in un condominio di periferia, sapete quelli con tanti appartamenti e un giardino interno che dovrebbe servire a farli conoscere tutti.
Ma non è così: ognuno prosegue la sua vita senza preoccuparsi di quelle degli altri, e quando qualcuno muore, la gente dice oh, ma poi prosegue oltre.
Era successo anche quella volta: la moglie di uno degli inquilini era morta, la gente aveva detto "oh, peccato!" ed era andata oltre.
Chi ci aveva scambiato due parole aveva forse anche fatto presenza al funerale, ed aveva stretto la mano, distrattamente, al marito, un uomo solitario, che era conosciuto anche meno della moglie.
Ma proprio questo aspetto era destinato a cambiare, in un tempo brevissimo, pochi mesi forse.
L'uomo era divenuto ancora più cupo e depresso, sotto gli occhi distratti degli inquilini.
E aveva perso il lavoro e con esso, la possibilità di mantenere quella casa.
Aveva lentamente cominciato a declinare, a impazzire.
La sua riservatezza era venuta completamente meno.
Vestito da donna, forse per ricordare quella moglie che non c'era più, ora urlava e insolentiva gli inquilini, cominciando a suscitare inquietudine e parole nascoste.
Ora nessuno era più distratto, ma ugualmente, nessuno faceva qualcosa di diverso dal preoccuparsi, mormorare a mezza voce e velatamente, quelli più spaventati, cominciare ad invocare un qualche intervento esterno.
Uomini, donne e bambini ne avevano paura, e nessuno comprendeva.
Nessuno?
Un uomo aveva compreso.
Domenico aveva compreso.
Quando lo incontrava, e l’uomo, che chiameremo Alberto, come faceva con gli altri lo insultava, sporco e vestito stranamente, Domenico leggeva nello sguardo dell'altro quella richiesta di aiuto che non sapeva pronunciare, e si era informato sulla sua storia.
Domenico, un operaio, padre di tre figli, aveva ascoltato le parole dietro quella follia, e aveva cercato un modo per aiutarlo.
Nella notte, ne aveva parlato con sua moglie, e si erano trovati d’accordo.
C’era bisogno di qualcuno che desse a quella storia, e a quell’uomo, un lieto fine, c’era bisogno che qualcuno credesse in lui.
Di tasca loro, la coppia aveva pagato dei mesi di affitto per quell'uomo, e poi l’uomo, conosciuto nel quartiere come generoso e simpatico, sempre pronto alla battuta, aveva radunato gli altri inquilini.
E non per raccontare loro delle battute.
"Dobbiamo aiutarlo, deve ritrovare la strada!Quell’uomo, Alberto, è uno di noi e quello che è capitato a lui, poteva capitare a tutti.. A te, per esempio!”
Disse indicando un uomo dai capelli bianchi che sedeva tranquillo con la moglie accanto
“ O a te, che l’altro mese hai avuto problemi con il lavoro”
Disse rivolgendosi ad un altro.
L’uomo sapeva parecchio degli altri inquilini, non perché si impicciasse, ma perché era piacevole confidarsi con lui, che non fiducia mai e se poteva, dava una mano.
Poi Domenico aveva continuato:
"Paghiamogli la casa per qualche mese, io ho già cominciato e un poco per u no, non peserà molto a nessuno di noi..Se fossimo nella sua situazione, ci aspetteremmo la stessa cosa!”
E non aggiunse altro, ma tutti si vergognarono, perché avevano visto quell'uomo come qualcosa di altro da loro.
Lo videro con gli occhi di chi parlava, un uomo solo, come abbandonato dal fiume della vita che lo aveva travolto.
Luigi, l’uomo dai capelli bianchi, guardò la sua moglie, compagnia di tanti anni.
Cosa avrebbe fatto se l’avesse persa?
Come si sarebbe sentito, in quella casa improvvisamente vuota, senza il suo sorriso, la sua mano rassicurante, la sua voce che lo svegliava la mattina per cominciare insieme la giornata?
Fissò gli occhi in quelli della moglie, che annuì con la testa, un cenno soltanto, ma tra di loro, bastava.
L’uomo che aveva avuto problemi con il lavoro, si ricordò anche lui come si era sentito.
Gli era sembrato di impazzire, il pensiero di non potere più avere una vita dignitosa, di non avere più valore come individuo.
Si era sentito meno uomo, come poteva non essere così anche per Alberto?
Una scatola sorse da dietro le mani di Domenico, una scatola vuota che fu messa, silenziosamente, al centro di quella specie di cerchio che si era formato.
E quella scatola si riempì, lentamente ma si riempì.
nessuno in quel condominio di periferia era ricco, ma tutti dettero quanto poterono, alcuni anche di più.
E poi Domenico, fu scontato per tutti che fosse lui, andò a portare ad Alberto quei soldi, una mattina di Ottobre, prima che l’uomo uscisse per il suo vagabondaggio senza fine.
Egli lo accolse con la solita gragnola di insulti, come sassi lanciati contro Domenico, che non se la prese ed aspettòche finisse.
Poi gli raccontò tutto, porgendogli i soldi, nominando tutti gli inquilini che avevano donato.
Gli occhi di Alberto si spalancarono, dapprima esprimendo uno stupore senza fine.
Si ritrovarono nello sguardo buono e aperto di Domenico, che annuì con la testa, per confermare.
Alberto raddrizzò la schiena, e si guardò.
era vestito con quella solita gonna lercia e la sua casa era sporca e trascurata.
“Bene signor Domenico..”
Disse con una voce resa roca dalle urla, ma tornata gentile, calda e commossa fino a vibrare delle lacrime che dagli occhi di un uomo , lo sanno tutti, non devono uscire.
“ Ringrazi tutti, e sappia che io non vi deluderò
Mi rimetterò in carreggiata, troverò un lavoro.. Ora come vede devo pensare a rimettermi in sesto, e mi scusi se l’ho ricevuta in questa tenuta così indecente…”
Domenico si raschiò la gola
“sappia che mia moglie le preparerà i pasti ogni giorno.. vogliamo che lei si senta parte della nostra famiglia, Alberto.
e quando vorrà potrà venire a mangiare con noi.
Nessuno dovrebbe stare solo!”
Disse, Alberto, era sopraffatto, chiuse la porta senza dire nulla, ma Domenico potè sentire lo scroscio dell’acqua, quasi subito dopo.
Alberto cambiò davvero.
Riprese a vestire in maniera pulita e consona, salutava tutti gentilmente, e trovò un nuovo lavoro, con il tempo.
Sorrideva a tutti e tutti gli sorridevano, e a colazione, pranzo e cena, un piatto fumante partiva dalla cucina di Margherita, moglie di Domenico, per arrivare sulla sua tavola..
Lui non volle mai scendere a prendere parte alla vita di quella famiglia, ma sentiva di essere tra loro e quelle parole che scambiava con Domenico o margherita erano da lui attese come i periodi più preziosi della giornata.
Fu così finché visse, come posso testimoniare personalmente, perché ho conosciuto Domenico e sua moglie, e ho fatto parte della loro vita.
Perfino nelle feste, quel pranzo e quella cena partivano prima di tutti, per continuare a raccontare di quella storia d’amore e di umanità.
Per insegnare a me e a chiunque frequentasse quella casa che apparteniamo tutti ad una grande famiglia: quella umana.
E non c’è poi bisogno di molto per aiutare chi dei nostri fratelli ha bisogno di aiuto.
 

 

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