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Crescere vuol dire esprimere sempre di più la propria personalità, riuscire a essere più oppositivi se non si ha voglia di assecondare le richieste altrui ed essere al contrario fermi e decisi nell'assecondare i propri desideri. Che, nel caso di un bambino autistico, possono ad esempio essere meccanismi stereotipati che un genitore deve prendersi la briga di interrompere affinché suo figlio non rimanga intrappolato in questa sorta di isolamento.
Ecco, il grande problema è esattamente qui: penso di aver accettato l'autismo in quanto parte integrante e caratterizzante di Pietro, ma non sono ancora capace a prenderlo di petto e a gestire le barriere che crea tra me e lui. E le altre persone con cui ci relazioniamo, perché uno degli sforzi maggiori risiede nell'affrontare le singole situazioni con il sorriso sulle labbra e disinvolta spontaneità, un po' per non sentire il peso della difficoltà e dell'imbarazzo che vive chi ti sta attorno e un po' perché fingere naturalezza mi fa illudere di possederla davvero (come quando non hai studiato, devi fare un esame e ti dicono che se ti convinci di essere preparato convincerai pure chi hai di fronte).
Proprio mentre pensavo di non riuscire a mettere "nero su bianco" tali dinamiche, è arrivata la chiave di volta e ho capito di avere di nuovo bisogno del mio spazio perché c'è un altro (fondamentale) lato della medaglia da raccontare. Ed è anch'esso collegato alle "altre persone con cui ci relazioniamo", che per fortuna non sono semplicemente uno sfondo alle nostre peripezie o un contorno che ne aumenta il grado di difficoltà. Ma molto spesso sono persone che mi aiutano, a partire dalle terapiste che si prendono cura di Pietro.

Il centro dove fa terapia è una villetta bellissima e amena, nel periodo giusto ti accoglie con delle meravigliose rose e nel cortile antistante c'è una fontana altrettanto piacevole. Ma io, le prime volte che accompagnavo Pietro, non riuscivo a vedere la bellezza di quel posto e la serenità che può trasmettere, perché arrivavo carica di rabbia e convinta di essere comunque stata destinata all'Inferno. Non riuscivo a ridere e scherzare con gli altri genitori nella sala d'attesa come oggi faccio, non mi capacitavo di come lì potesse esserci un clima così "normale", come quando le mamme aspettano i figli a nuoto o a danza. Col tempo ho capito quanto potesse essermi d'aiuto trovare il mio angolo di serenità in quella stanza luminosa da cui posso guardare le rose e non rifiutare il contatto.

L'altra "categoria" di persone che mi fa sentire più forte di fronte alle barriere dell'autismo è composta dalle mie colleghe. Sì, perché nella trappola dell'autocommiserazione ci sono caduta appieno e quando siamo stati investiti dalla diagnosi fatta a Pietro mi sono spesso ripetuta di essere stata sfortunata e di "non meritarmi questo". Ciò che merito non lo so, ma forse non meritavo nemmeno persone che mi hanno accolta con così tanto affetto, materne e concilianti quando ne avevo bisogno, più "severe" e determinate nel darmi consigli al momento giusto.

Una di loro, in particolare, mi ha commossa perché per capire come approcciarsi a Pietro nel modo migliore ha letto un libro scritto da una grande donna, Temple Grandin, una docente universitaria autistica. Lo ha letto e poi un giorno me lo ha dato in punta di piedi. E anche se io il libro lo riesco a leggere solo a tratti, lo guardo e riguardo impolverarsi sul comodino come se ne avessi timore, non importa. Perché quel libro mi ha ricordato che a affrontare le infinte barriere dell'autismo non sono mai stata sola.

L'opinione

6 Luglio 2014

Carissimo Vitale,

ho visto il sito, che mi piace molto, sia nella veste grafica sia nei contenuti. Consulterò di sicuro periodicamente, tra le altre, la parte ControInformazione, dove ho ritrovato temi che mi interessano in modo particolare (dai costi dei beni comuni alla catastrofe ambientale di Taranto, per troppo tempo ignorata anche da buona parte della sinistra ....).

La presenza non solo di argomenti legati all'autismo mi sembra un valore aggiunto.

Ho visto poi il video e la lettera che ha scritto quasi 20 anni fa e non posso che registrare che la stessa lettera e le stesse espressioni di sdegno potrebbero essere scritte ed espresse oggi per le tante situazioni in cui le cose sono rimaste quelle di allora.
Sono però - o almeno voglio essere - ottimista e credo che qualcosa è cambiato, anche se il cambiamento è a macchia di leopardo e ancora lontano dall'obiettivo, che non dobbiamo mai stancarci di perseguire, dell'estensione reale a tutti dei diritti all'istruzione, alla salute, all'autodeterminazione. Denuncio in tutte le occasioni, nella mia posizione - certo più "comoda" - di operatore, questa negazione di diritti delle persone con autismo, tuttavia voglio anche continuare a mostrare che un'altra strada è possibile, che si può fare meglio e di più, in parte con le stesse risorse di oggi, in parte mettendo sul serio al centro dell'agenda politica (in modo concreto) il tema dei diritti di tutti coloro che lottano quotidianamente per ottenerne il rispetto.

Bello vedere Gabriele come turista nel video sul viaggio!

Un caro saluto e grazie per le finestre sul mondo che il suo sito ci apre.

Maurizio Arduino

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